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La festa solenne della Madonna della Quercia è fissata all’ultima domenica di agosto.
È’ la festa simbolo del paese, la ricorrenza di cui ogni conflentese non può fare a meno, che sia credente o meno.

La festa è preceduta dalla celebrazione della novena e da un mese di preparativi, con alcuni eventi come la fiaccolata e l’incoronazione particolarmente sentiti e partecipati. La sera della vigilia, è tradizionale in chiesa la santa veglia, con la partecipazione di paesani e forestieri che per voto fanno a nuttata.
Un tempo il venerdì era usanza fare a jurnata fermandosi in chiesa a cantare da mattina a sera.
La giornata più importante è ovviamente la domenica: si celebrano in continuazione funzioni liturgiche a cui prendono parte migliaia di pellegrini. Alle 10,30 c’è la Messa solenne officiata dal vescovo nel corso della quale il Sindaco offre il cero votivo alla Madonna; quasi un ringraziamento in forma ufficiale da parte del Capo del paese per la particolare protezione che la Vergine garantisce al popolo conflentese.
Alle 17 ha inizio la processione solenne a cui partecipano il clero, le autorità civili e militari e una enorme folla. L’imponente processione si snoda per le vie del paese e la devozione della gente a volta sconfina nel fanatismo, ma resta pur sempre espressione sincera di un sentimento genuino.

Terminata la processione la statua rientra in chiesa e la festa religiosa si conclude tra la commozione generale mentre continua all’esterno quella civile.
Momento particolarmente toccante è quello della ricollocazione della statua nella nicchia dell’altare maggiore il lunedì successivo. Il Santuario si riempie di nuovo e tutti cercano di sfiorare la statua- si fa – quasi fatica a staccarne lo sguardo. Quando i volontari prendono il bambinello, lo affidano alle suore e si sostituisce la corona, l’emozione travolge tutti, finisce la festa, finisce l’anno dei conflentesi.

Non tutti sanno che negli anni immediatamente successivi alla costruzione del tempio, e precisamente per 25 anni, la festa si celebrò il 25 giugno. In seguito si stabilì che il dì festivo e solenne dedicato alla Vergine fosse spostato all’ultima domenica di agosto, perché in giugno la gente era occupata nelle campagne con la raccolta delle messi e non riusciva a partecipare alle funzioni religiose. Dal 1607 i festeggiamenti si tengono l’ultima domenica di agosto
Nei secoli passati poi la processione si svolgeva con solenne fiaccolata nel cuore della notte, fin quando per motivi di ordine pubblico, Ferdinando IV Re delle Due Sicilie, proibì la manifestazione notturna.
L’origine della fiera è anch’essa molto antica, a sottolineare l’importanza che man mano aveva acquistato la festa della Madonna della Quercia di Visora. Nell’anno 1695, il re Carlo II stabilì che intorno al Santuario, si poteva posizionare un mercato per un periodo di tre giorni subito dopo estesi ad altri sei da Carlo III.

Nacque così la Fiera di Visora, che aveva una importanza enorme e veniva ufficialmente aperta dall’agente baronale al suono dei tamburi.
Partecipare alla Fiera era un privilegio di cui non tutti godevano. Quelli della Fiera erano non solo giorni in cui si compravano e vendevano prodotti, ma erano anche un momento particolare nel quale si davano appuntamenti per i pagamenti dei fitti tra i locatari e i proprietari dei terreni e si pagavano i censi che scadevano.
La festa della Madonna non si festeggia solo a Conflenti ma in molte parti del mondo. Le comunità di conflentesi sparse per il mondo, che hanno radici ben salde nel paese natio, per mantenere vivo questo legame hanno riproposto la festa in onore della nostra Madonna nelle loro nuove città.

E così, a Buenos Aires in Argentina, Sidney e Melbourne in Australia, Toronto in Canada ma anche a Borgo Ticino in nord Italia, in contemporanea con la nostra festa, si vivono le stesse emozioni che viviamo noi in paese.
In questo giorno, tutti i conflentesi del mondo, seppur molto lontani gli uni dagli altri, si sentono parte di una unica grande comunità.
Uniti in un unico grande abbraccio, attraverso monti e oceani, tutti con gli occhi lucidi e con il cuore pieno della stessa identica commozione.

Fino agli anni ‘80, nei giorni precedenti il 20 settembre, il sagrato del Santuario e spesso pure la chiesa, erano teatro del passaggio e della sosta di ogni sorta di animale diretto alla fiera di Decollatura.
Mucche, buoi, cavalli, muli, capre e asini, insieme ai loro padroni salivano da scagliuni, provenienti da Martirano e da tutto il comprensorio del Savuto. La salita era dura e la sosta, approfittando della fontana della piazza, quasi obbligatoria.
Ma, soprattutto nel passato, la sosta non si faceva solo per rifocillare gli animali.
Animati da un fervido sentimento religioso, i proprietari degli animali, li portavano in chiesa, ai piedi della statua della Madonna, per una santa benedizione fai da te.
Il grande sentimento che lega la gente del circondario alla nostra Madonna, sfociava anche in manifestazioni molto strane, quasi pagane, come questa, che avveniva nei giorni della fiera della cucuzza di Decollatura e, a dire il vero, anche in altre occasioni.


La benedizione avveniva con un rituale molto particolare: si realizzavano delle collane a cui venivano attaccati dei soldi che si mettevano al collo degli animali, che con questi doni entravano in chiesa.
Alla fine della benedizione, le offerte rimanevano alla Madonna e, con molta più fiducia, si continuava il cammino verso la meta.
Per i ragazzi, assidui frequentatori di quello che era il loro unico campo di gioco (il sagrato), questi giorni erano vissuti come un vero dramma.
Gli animali, durante la sosta, e approfittando della relativa tranquillità, defecavano e lasciavano tracce molto evidenti del loro passaggio.
E se la pioggia non arrivava a salvarli, i poveri ragazzi erano costretti ad arrangiarsi e a ripulire in tutta fretta il loro campo di gioco.
Purtroppo per loro, però, passavano pochi giorni e il problema si riproponeva in modo ancora più rilevante in quanto, in tanti, alla fiera andavano solo per comprare, e alla fine della stessa, ritornavano a casa coi nuovi acquisti per cui, inevitabilmente, toccava ripulire di nuovo.