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La storia sofferta di Gaetano è probabilmente la storia di tanti emigrati conflentesi e, per questo, commovente e meritevole di essere raccontata.

La grave crisi economica che attraversava l’Italia nell’immediato Dopoguerra non risparmiava certo il nostro piccolo paesino, dove la situazione era davvero molto difficile con analfabetismo, disoccupazione e povertà dilaganti.

“Le Americhe” e i famosi viaggi della speranza verso nuove terre che promettevano benessere e ricchezza si prospettavano come l’unica possibilità di sfuggire ad un destino segnato.

Anche la famiglia di Gaetano stava attraversando un momento molto difficile. Viveva di sacrifici e stenti. E fu così che i genitori decisero di partire per l’Argentina alla ricerca di una vita migliore. Partì dapprima il padre con uno dei suoi fratelli e in seguito li raggiunsero Gaetano, insieme alla madre e gli altri due fratelli. Gaetano lascia Conflenti con il cuore a pezzi, non riesce a salutare gli amici, è un dolore troppo forte! 

Tuttavia, parte accompagnato dalla speranza di arrivare in Argentina, avere successo e poi tornare da vincitore nel suo amato Paese. Affronta il lungo viaggio in balia dell’Oceano intrattenendo i passeggeri della nave con musiche popolari e canti conflentesi. Era un modo per continuare a sentirsi vicino alla sua amata Conflenti. 

Arriva in Argentina e inizia la sua nuova vita ma non è la vita che aveva sperato e sognato. Sposa una ragazza del luogo e trova lavoro come spazzino.

Amato e rispettato da tutti, conduce una vita dignitosa ma con il pensiero fisso di tornare almeno una volta a Conflenti. La sua condizione economica non è però tale da permettergli di coronare il suo sogno e tornare in paese.

Per sua fortuna arriva a Buenos Aires Salvatore Buonocore, accompagnato dall’allora sindaco di Conflenti Giovanni Paola. Si incontrano, chiacchierano e Gaetano racconta la sua storia e il suo sogno. Tornato a Conflenti Salvatore, particolarmente sensibile al tema dei nostri emigrati, non dimentica quell’incontro.

Dopo qualche mese si reca in un’agenzia di viaggi e, facendosi carico di tutte le spese, anche grazie al supporto di Don Adamo, compra un biglietto aereo per l’Italia da regalare a Gaetano per permettergli di realizzare il suo sogno.

Il ritorno nell’amata Conflenti

Alla veneranda età di settant’anni, Gaetano finalmente torna a Conflenti

Il suo ritorno è indimenticabile, tutta la comunità è coinvolta dall’emozione per il ritorno di un suo figlio. Gaetano scoppia di felicità. Piange come un bambino e non riesce a trattenersi. Cammina per strada suonando i campanelli e urlando: sono Gaetano, sono tornato! Poi va nella sua vecchia casa e cerca un buco nella porta che dava sul giardino. 

Lo aveva fatto con il fratello Alfredo quando erano piccoli, ed era ancora lì! Comincia a ricordare le giornate estive trascorse correndo sui prati fioriti catturando grilli e inseguendo farfalle e poi andando sudati a bere alle sorgenti di acqua fresca. Quante emozioni, quanti ricordi!

Gaetano confida di aver vissuto una vita sospesa tra due mondi. 

Diceva sempre: “Ho vissuto due vite parallele. Di giorno vivevo e lavoravo a Lanus ma la notte, tutte le notti, in questi cinquant’anni sono ritornato nel mio amato paese. Camminavo lungo le strade, cercavo di ricordare i negozi, i bar e la gente che vi avevo lasciato. Non volevo dimenticare niente. Tutto doveva rimanere nitido nella mia mente. La terra che mi ha dato da mangiare è l’Argentina, la rispetto e gli sono grato ma la terra che mi ha dato la vita è l’Italia e io non l’ho mai dimenticata“.

I luoghi del cuore sono i luoghi dove abbiamo vissuto le emozioni che hanno plasmato la nostra vita. Emozioni che non potranno mai essere dimenticate. Sono luoghi speciali, intimi e profondi che soprattutto chi è all’estero ne custodisce gelosamente la memoria e Gaetano ne è la conferma.

L’emigrazione si configurò come unica risposta a questa situazione di crisi, di vera e propria emergenza sociale. Le rimesse in valuta consentirono a coloro che erano rimasti nei luoghi d’origine condizioni di vita più umane, un miglioramento nel vitto e nelle abitazioni, una riduzione dell’analfabetismo, l’introduzione e l’utilizzo di macchine agricole, e soprattutto si cominciò a comprendere che era possibile cambiare quella situazione.
Nata dalla rassegnazione, l’emigrazione pian piano riuscì a vincere la rassegnazione. Essa è stata l’occasione storica che ha dato alle nostre genti l’unica possibilità non violenta di emanciparsi dalla miseria materiale e culturale.
Il fascismo e la successiva chiusura fecero ripiombare la popolazione delle frazioni montane nella condizione di sovraffollamento e isolamento precedente, anche se finalmente vennero aperte scuole, e questo negli anni successivi si rivelò importantissimo.

Scuola di Salicara

Col secondo dopoguerra, finalmente qualcosa cambiò. La ripresa dell’emigrazione diede di nuovo sfogo alla crescita della popolazione, anche se il fatto che non più singoli abitanti, ma intere famiglie, si trasferissero all’estero produsse effetti deleteri.  Si ebbe lo spopolamento di alcune intere frazioni, come Vallone Cupo superiore, con il conseguente abbandono di case e terreni coltivati con gravi danni per l’economia.  Ad esempio, scomparve quasi completamente la raccolta, la lavorazione e vendita delle castagne, che precedentemente costituiva una delle principali fonti di reddito.
Contemporaneamente, però, questo esodo produsse nella popolazione rimasta una definitiva presa di coscienza della difficile situazione in cui si viveva ed un impegno sempre crescente della volontà di modificarla.
Ci fu inizialmente un tentativo di occupazione delle terre sulle falde del Reventino, a seguito della riforma Gullo, che però andò a vuoto e si concluse con la denuncia e il successivo arresto di tutti gli organizzatori. 

Strada della solidarietà

Il processo di affrancamento da quella situazione era però diventato irreversibile e gli abitanti della montagna con il loro duro lavoro iniziarono a creare un minimo di collegamenti tra le diverse contrade e soprattutto si aprirono, a forza di piccone e badile, un varco verso la piana di Lamezia con la ormai famosa “strada della solidarietà”, rompendo l’antico isolamento.
Altrettanto importante in questo contesto fu la grande opera di riqualificazione della montagna, che rappresentò un altro decisivo passo verso il cambiamento.