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Costruzioni medievali, botteghe artigianali, fermenti di attività casalinghe e agricole e usanze popolari, fino a non molto tempo fa, conferivano vivacità e colore all’antico rione d’a Madonna’ u Ritu, particolarmente caro a me perché vi sono nata e vi ho vissuto fino all’adolescenza.
Purtroppo le insidie della vita moderna e il progettare nuove forme di costruzione senza tenere conto di quelle preesistenti, hanno in parte deturpato quella bellezza che al rione conferiva un aspetto tutto particolare, che evocava tempi antichi.

Eppure se volgo lo sguardo, rivedo tutto com’era e rivedo pure i miei vicini di casa, ognuno legato a una mania, a una attività, ad una posa particolare.
E allora ecco la chiesa col suo magnifico portale scolpito in pietra, opera di maestri scalpellini del Seicento; la monumentale scalinata i cui gradoni a semicerchio offrivano possibilità di chiacchierate ai nostri nonni; il lastricato di pietre; gli usci di legno affacciati sulle vineddre adiacenti; i balconi traboccanti di graste fiorite; le botteghe, i  negozi ricolmi di merce. U cavune…a china.

Ed ecco là, Miliuzza esperta nell’arte serica, davanti ad un’enorme quadara dove ha immerso i bozzoli e con uno scupulo di erica raccoglie i fili lucidi e continui di seta componendoli a matassa, col marito u mutu che aiuta e approva compiaciuto per la spertianza della moglie.  Ddon Micu e ddon Cicciu sempre seri e ligi al loro dovere di funzionari dell’ufficio postale che vanno avanti e indietro con carte e plichi oggetti per loro sacri e inviolabili. Ddon Nicola Fualinu sempre scontroso e borbottone per il chiasso dei nostri giochi e per un colpo sbagliato di ziparu che va dritto a infastidirlo. Mamma e zia Giorgetta che dal balcone chiacchierando vegliano su di noi e papà u miadicu Paula che fa suonare a tutto volume il suo grammofono (una rarità per quei tempi).
Piatru Rasu, coi suoi discorsi farciti di intercalari…insomma, accussì, ha capitu, oggi e domani….Giuseppe e Jennaru che ripara le scarpe e si compiace di sentenziare per proverbi! Rosa e donna Maria che all’imbrunire iniziano a chiamare le galline ….curi curi curi, e le galline che per quanto poco cervello possano avere, capiscono al volo e accorrono.

Vittoriuzzu, sempre originale per il senso spiccato dell’umorismo con cui affronta le più svariate pretese degli esigenti compratori e formidabile le trasforma in barzelletta.
Vittò, damme cinquanta lire de baccalà….e cchi te puazzu dare ccu cinquanta lire, na cuda!  Francischina de Scialampu che dal balcone chiama le nipotine e Niculina a mparinata che siacuta i bambini che vogliono raccattare il loro pallone.
E rivedo pure il ragazzo che jetta u bannu annunciando a voce alta che dduve Palinu si vendono ficazzane e cirase.
Ai fatti narrati è impresso il timbro della nostalgia, dell’emozione, nel rievocare un’epoca che non esiste più.

A ra Madonna’ u Ritu si sapeva tutto di tutti. A ruga era una grande famiglia, non c’erano segreti. Non mancavano naturalmente battibecchi, invidie, gelosie, ipocrisie, ma nel complesso si era sempre tutti uniti e pronti ad andare incontro con slancio sincero alle necessità di chi aveva bisogno. C’era la riconoscenza, la collaborazione, era sconosciuta la fredda indifferenza propria del mondo di oggi.
A ra Madonna ‘u Ritu si viveva la vita coi suoi risvolti, lieti o tristi, ma si viveva una vita a dimensione d’uomo, con calore umano, senza freddezza.