I mandarini dell’orto di “Lorenzu u minutu”
L’orto di Lorenzu u minutu, il proprietario del primo mulino elettrico di Conflenti, è proprio di fronte alla sua abitazione, recintato e sempre ben tenuto.
Non che i mandarini che vi crescevano erano di una qualità migliore, ma era piacevole andarglieli a rubare per la sfida che il fatto comportava, il rischio di essere colti sul fatto, ed il vanto ed il prestigio che derivavano nel gruppo se potevi vantare un alto numero di scorrerie impunite.
Il momento più propizio per la spedizione era l’imbrunire quando il proprietario andava a mangiare, Lorenzo era puntualissimo.
Il piacere aumentava se tra i predatori si riusciva ad avere Pasqualinu e Pilune, capobanda dei ragazzini che abitava all’uartu i striddri.
Entrati nell’orto nel massimo del silenzio possibile, si raggiungeva l’albero cominciando a raccogliere i frutti dai rami più bassi; quando presto finivano, ci si arrampicava guardinghi iniziando le manovre di posizionamento in previsione della fuga precipitosa.
Era stato sperimentato che appena il mugnaio si rendeva conto dell’invasione, apriva la finestra, metteva in bella mostra il fucile caricato a sale sul davanzale, e poi scendeva di tutta fretta nell’orto. Per compiere tutta questa procedura occorreva un certo tempo che, se sfruttato bene, consentiva l’impunità e quindi di beffeggiare il derubato.
Era perciò necessario non salire sui rami più alti, ma ad una altezza da cui, appena sentito l’avvertimento, era possibile lasciarsi cadere a piombo per nascondersi nell’erba; poi, nel tempo intercorrente alla discesa nell’orto del proprietario per un sopralluogo con constatazione dei danni, c’era tutto la possibilità di allontanarsi tranquillamente.
Ma se c’era Pasqualinu, lui saliva sui rami più alti, vuoi perché quelli più bassi erano di solito occupati e vuoi perché si lusingava per il suo coraggio e per la bravura ad arrampicarsi.
Allora si aspettava che il mugnaio entrasse in azione e se magari a causa di ospiti sempre presenti in quella occasione si attardava, allora si provvedeva con qualche rumore a destarlo.
Capitava però che Lorenzo era particolarmente veloce e qualche malcapitato non era sollecito a buttarsi dai rami più alti, allora si veniva colti sul fatto, e qualche calcio era il minimo che si raccoglieva.
Da quel momento in poi era un correre negli orti vicini, spronati dal bruciore dei calci presi e dal sudore della corsa, a trovare riparo e a leccarsi le ferite.
Liberamente tratto dai racconti di Franco Stranges
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