La bellissima e imponente croce che sovrasta “la Querciola” e segnala ai fedeli di un comprensorio vastissimo i luoghi sacri di Serra Campanara è stata costruita negli anni ’90, a seguito dell’acquisizione di quei terreni da parte della Chiesa locale, per volontà del Rettore della Basilica.

In questo modo si è inteso dare seguito alla originaria idea di Donna Peppina, che in tutta la sua esistenza aveva manifestato amorevole cura ed interesse verso la chiesetta ed espresso il desiderio di realizzare una piccola croce per segnalare e caratterizzare quel luogo sacro. 

Il rettore della Basilica ha rielaborato il “sogno” di Donna Peppina, individuando una posizione ancora più strategica e soprattutto non si è accontentato di fare una piccola croce, ma ha avuto l’intuizione di dotare l’area di una opera visibile da molto lontano per sottolineare l’importanza del sito. 

Dal punto di vista tecnico il progetto è stato messo a punto dal noto architetto catanzarese Alcaro, mentre le analisi geologiche sono state compiute dal compianto Marcello Marotta e va sottolineato che la loro opera è stata prestata a titolo completamente gratuito.

L’opera, che è stata eseguita dalla ditta Lo Faro di Decollatura, ha una base a tronco di piramide ampia ben 120 metri quadrati ed è alta ben 28 metri, stagliandosi nell’azzurro del cielo quasi volesse congiungere la terra al cielo, indicare la retta via e con le sue braccia, aperte ben 12 metri, stringere a sé tutta l’umanità.

Per quel che concerne l’aspetto, invece, prettamente economico, la grande opera è stata portata a termine attingendo a dei risparmi lasciati al rettore dal vecchio comitato pro-Querciola promosso da Donna Peppina, Peppe Calabria e Alessandro Paola, ma soprattutto utilizzando il lascito di un fedele e il ricavato ottenuto dalla vendita di un bosco di Marignano.

La grande Croce si lascia ammirare soprattutto di sera, quando grazie ad un bellissimo impianto di illuminazione, regala ai tanti fortunati che possono osservarla da tutta la vallata del Savuto, insieme alla chiesetta, un fantastico e suggestivo colpo d’occhio.

Rifugio di Santa Maria della Bellezza

Questa bella struttura della Chiesa, nei primi anni duemila, nell’ambito della vasta opera di valorizzazione dei luoghi sacri di Serra Campanara, è stata restaurata con molto gusto dall’artista maltese Nathanael Theuma, che ne ha fatto per alcuni anni la sua dimora. 

 

In seguito alla sua partenza e fino a poco tempo fa, è stata messa a disposizione dalla Diocesi per una comunità religiosa “Fazenda de Esperanca” che si occupava del recupero di ragazze con problemi. 

 La pandemia, purtroppo, ha bloccato questo progetto e oggi questo bellissimo “Rifugio”, con una decina di posti letto disponibili, ha funzione di ritiro spirituale e viene messo a disposizione di chiunque desidera immergersi nella spiritualità di questi luoghi sacri.   

La chiesa è stata realizzata alla fine del XX secolo su richiesta dei fedeli della frazione di San Mazzeo che desideravano avere un luogo di culto più vicino rispetto a quello parrocchiale.

Gli stessi fedeli offrirono il suolo e sostennero in ogni modo Don Giulio Fazio, allora rettore del Santuario, che venne incontro alle legittime richieste degli abitanti del luogo.

La chiesetta realizzata su progetto dell’Ing. Pirritano Raffaele è stata inaugurata ed aperta al culto il 17 dicembre del 1978, inizialmente senza alcuna consacrazione ufficiale.

 

È costituita da un’unica aula rettangolare di circa 18.00 mt di lunghezza per 10.50 mt di larghezza ed un’altezza al colmo di mt 8.00. All’edificio chiesa ed a quello retro, che già esistevano nel progetto originario, sono stati aggiunti altri due piccoli edifici uno a sinistra con accesso diretto dall’ interno dell’aula, utilizzato oggi come sacrestia, ed uno a destra con accesso dall’ esterno utilizzato come aula e come deposito.

Da un punto di vista strutturale l’edificio ha uno scheletro portante di sette portali in cemento armato, tamponatura in muratura e solai in laterocemento. Il pavimento è stato realizzato con lastre di marmo di diversi tipi e colorazioni gettate e levigate in opera. 

Il presbiterio è costituito da un’alta predella centrale su cui sono collocati l’altare ed il tabernacolo incassato in un finto muro realizzato in cartongesso che funge da fondale e serve a schermare la porta d’accesso dell’edificio retro, costruito in aderenza in cui sono ricavate due aule per il catechismo.

Ai lati della predella centrale sono stati ricavati due spazi a quarto di cerchio definiti da un gradino su cui sono stati posizionati a sinistra la sede e a destra la statua di Sant’Anna, posta su un alto basamento.

Dalle informazioni raccolte pare che inizialmente si discusse molto su a chi intitolare il sacro tempio. La popolazione del luogo chiese al parroco di poter venerare anche nella frazione l’amata Madonna di Visora, ma questa soluzione non venne ritenuta opportuna.

 

A risolvere in modo inaspettato la questione, ci pensò Don Fiorino Vago (ai tempi parroco di Motta S. Lucia) che donò alla comunità della popolosa frazione una delle due statue di Sant’Anna presenti nella chiesa del paese. È sempre a Don Fiorino che si deve la celebrazione della festa nella prima domenica di agosto e non al 26 luglio, perché non si sovrapponesse alla forte devozione allora vissuta dal popolo di Motta e anche come forma di rispetto dell’altra comunità limitrofa di Gabella, che nell’ultima domenica di luglio festeggia la sua patrona Santa Rita.

L’artistica chiesetta della Madonna di Loreto fu costruita sul luogo dove sorgeva una modesta icona dedicata alla Madonna che fu trasformata nel periodo che va dal 1650 al 1733 in un luogo di culto.
In quel periodo, nell’Italia Meridionale si diffusero largamente le istituzioni delle varie Congreghe Mariane, e così anche a Conflenti Soprani, un nutrito gruppo di famiglie decise di fondare la Congrega di Maria SS. di Loreto.
I lavori di costruzione del tempio sacro iniziarono grazie alle prestazioni gratuite di giornate lavorative e alle generose oblazioni dei membri della Congrega e della comunità locale, e così nel giro di qualche decennio si riuscirono a completare i lavori.

La chiesa fu ultimata nel 1733, anno in cui fu collocato il monumentale frontone intagliato in pietra tufacea, ad opera dei maestri scalpellini della valle del Savuto, attivi nella nostra regione a partire dal XVI secolo.
Fin dai primi tempi, la chiesetta fu destinata a sede di questa confraternita di fratelli laici, che partecipavano in divisa ecclesiastica (camice e mozzetta) alle processioni, ai funerali e ai solenni vespri che precedevano le più importanti feste dell’anno liturgico. Il Priore veniva eletto con votazione a scrutinio segreto per la durata di un triennio.
La Congrega ebbe vitalità fino al 1880, poi funzionò solo in occasione dei funerali e dietro compenso per coreografia.
Col passare del tempo anche la chiesa venne utilizzata di meno, solo per la messa domenicale e in occasione delle feste dei santi le cui statue si trovavano all’interno, come ad esempio: Sant’Antonio e la Madonna di Loreto; e anche la sua manutenzione e quella delle opere d’arte al suo interno fu trascurata.
Quando nel 1962, a causa di un terremoto la Chiesa di San Nicola venne chiusa perché pericolante e non si riuscì ad ottenere nessun aiuto per il suo ripristino, gli abitanti di Conflenti Soprani sentirono forte la necessità di avere un loro luogo di culto agibile e così nacque un comitato spontaneo di parrocchiani che si fece carico del restauro di quella della Madonna di Loreto.

Grazie anche al contributo dell’Amministrazione comunale, alle offerte generose di tutto il popolo e di molti emigranti (Jennie Marotta da Brooklyn inviò 1000 dollari, una somma notevole all’epoca), si riparò la cupola, gravemente lesionata, si rifece completamente la copertura e si costruirono sei nicchie per la sistemazione delle statue dei santi. Fra i lavori di maggior impegno meritano di essere ricordati quelli del restauro artistico dei tre quadri della navata centrale, secondo i disegni e i colori originali, effettuati dal Prof. Badolato Antonio e dal figlio Alberto di Tiriolo.
L’interno dell’unica navata fu decorato con stucchi e affreschi sulla volta a botte.
A norma dei decreti del Concilio Vaticano II fu eretto nel presbiterio un altare in marmo rivolto al popolo, si pavimentò con marmo l’intera navata della chiesa e tutti gli infissi, sgangherati dal tempo furono sostituiti con finestre metalliche a croce latina e vetri retinati fumé e giallo. L’organo a canne fu eliminato.
Nella Chiesa di Loreto furono trasferiti gli arredi più importanti della Chiesa di San Nicola, vi si installò l’archivio parrocchiale e gli annuali con tutte le suppellettili e i paramenti sacri.

Fino agli anni Sessanta, alla Chiesa di Loreto si accedeva tramite un’ampia gradinata frontale, che occupava gran parte dello spiazzale. Poi, per ampliare la strada e permettere il passaggio del “postalino”, si decise di toglierne una parte (in realtà ci fu bisogno di smussare anche il muro della casa di Vittorio Paola). Della vecchia, splendida, gradinata purtroppo ora è rimasto solo lo spezzone laterale.
La chiesa è ubicata nella parte alta del paese. La facciata è costituita da un maestoso portale lapideo con arco a tutto sesto di gusto classico fiancheggiato da lesene piatte scanalate e rudentate che reggono una trabeazione aggettante con decorazioni ad ovali e dentelli con timpano spezzato, il tutto incorniciato da lesene che sorreggono il timpano della facciata. Sul portale una finestra.
L’interno della navata è decorato con stucchi e affreschi sulla volta a botte, lesene ioniche che sorreggono una trabeazione mistilinea percorrente tutto il perimetro. Ai lati archi ciechi con al centro nicchie per le statue dei santi e in alto finestrelle per l’illuminazione dell’aula.

L’edificio è realizzato in muratura tradizionale con copertura a falde. La navata è coperta da volta a botte.
La pianta ha uno sviluppo longitudinale a navata unica con abside semicircolare. Sull’abside si eleva la cupola. La copertura è costituita da una sottostruttura in legno, a capriate. Il manto di copertura è in coppi di laterizio.
Nella chiesa della Madonna di Loreto si celebrano oggi le feste di san Nicola di Bari, la seconda domenica di maggio, e di santa Lucia, il 13 dicembre. La Chiesa ospita, infatti, le statue dei due santi: san Nicola spodestato dalla sua chiesa originale, ormai inagibile, e della santa protettrice della vista.

Fonte Villella, Carnovale, archivio Diocesi

A partire dalla fine del millecinquecento si diffuse il tutta l’Italia Meridionale il fenomeno delle Congreghe Mariane, e così anche Conflenti Sottani un nutrito gruppo di persone decise di fondare una Congrega dedicata all’Immacolata Concezione.

La Pia Congregazione dell’Immacolata, secondo il libro delle Regole che ne stabilisce il funzionamento e il comportamento dei fratelli, nacque nel 1667. E anche in quegli anni fu costruita grazie al lavoro e a generose oblazioni dei membri della Congrega e di numerosi volontari la chiesa dell’Immacolata. La Pia Congrega aveva il compito di prendersi cura della chiesa dedicata alla Vergine senza Peccato e organizzare con la cura dovuta i festeggiamenti in suo onore. Inizialmente i membri erano scelti solo tra persone benestanti col tempo poi si allargò alla partecipazione di tutti.

Col passare del tempo però, la congrega laicale che contava oltre cento confratelli, gestendo un buon patrimonio, divenne molto potente e cominciò a deviare dagli originari fini istituzionali pii e religiosi per trasformarsi in un centro di clientela e di potere. Ci furono per questo vere e proprie lotte per accaparrarsi le cariche che garantivano privilegi e sicuri vantaggi economici dall’amministrazione dei beni. Questa situazione di degrado si accentuò agli inizi dell’Ottocento portando a numerose denunce di prevaricazione e nepotismo che arrivarono a investire più volte il Vescovo.

Malgrado tutto ciò, la chiesa dell’Immacolata era ormai diventata un punto di riferimento importante per tutta la comunità di Conflenti Sottani, e la festa, con tutto il caratteristico cerimoniale che ci girava intorno, era una delle più sentite.

Nel 1905 la chiesa a causa del terremoto venne chiusa al culto per molti anni perché gravemente danneggiata. Eseguiti i lavori di restauro, fu riaperta ai fedeli nel 1929. Durante questo periodo si aggiunse una terza navata e fu completamente rifatta la facciata. Mentre il campanile, inizialmente a piramide, venne notevolmente abbassato e portato a terminare con l’attuale loggetta. 

Le peripezie della chiesetta non erano però finite, l’alluvione del 1959, che investì quella parte del paese a partire dalla zona di Pometta, arrecò altri gravissimi danni alla struttura e di conseguenza il tempietto venne di nuovo chiuso al culto. 

Grazie all’impegno della Congrega, alla raccolta di fondi tra i fedeli e all’opera di volontari, la chiesa fu soggetta a nuove ristrutturazioni a partire dal 1965. Mentre nel 1980, grazie all’instancabile lavoro del rettore del Santuario, fu rifatto il pavimento e intonacata la navata sinistra e il presbiterio. 

Intorno al 2015 il piazzale antistante la chiesa ha subito un grosso crollo riparato ancora una volta grazie alla tenacia del sacerdote e al lavoro della Congrega e dei volontari. 

La chiesa dell’Immacolata che si trova alla fine di via Garibaldi, nel punto più basso del paese, è una chiesa semplice e povera. In questa cornice di povertà spicca la bellissima statua lignea dell’Immacolata Concezione del 1714, opera dello scultore Giacomo Colombo, già autore della statua della Madonna di Visora. 

La Madonna avvolta in un manto azzurro e con un’aureola di stelle sul capo, schiaccia vittoriosa il serpente sotto i suoi piedi. Restaurata e posta sull’altare maggiore, o sul pulpito, nella navata centrale, nonostante i disastri subiti è rimasta sempre intatta. 

Attualmente la chiesa funziona soltanto in occasione della ricorrenza dell’Immacolata e la domenica delle Palme. La congrega dell’Immacolata esiste ancora oggi, aperta anche alle donne, riconoscibile durante la processione per la cappa azzurra dei confratelli, collabora e prende parte anche alle processioni e ai festeggiamenti in onore degli altri Santi che si celebrano a Conflenti.

Le edicole votive o cappelle campestri, più note come cone, sono una testimonianza importante della tradizionale cultura religiosa del nostro paese. 

In generale la loro origine si può far risalire ai tempietti o edicole che i pagani dedicavano ai Lares. Gli antichi romani le ponevano all’interno delle domus per ospitare le anime degli antenati trasformati appunto in Lari, divinità tutelari della casa e della famiglia, mentre per i Lares compilates (che presiedevano bivi e quadrivi) le costruivano al limite delle proprietà e nei crocicchi. 

Nella tradizione locale, la loro realizzazione è dovuta a un committente, spesso anche costruttore, che dedicava a un Santo la propria edicola come ex voto per una grazia attesa o ricevuta, oppure per devozione o per un evento particolare verificatosi nel luogo. Col passare del tempo, indebolendosi la memoria collegata all’offerente, l’edicola ha superato il limes del dono individuale e ha assunto il valore della devozione comune. 

Essendo sorte in autonomia dai canoni della chiesa che veniva coinvolta solo per la benedizione, queste esigue cappelle vengono percepite come espressione devozionale spontanea.

A Conflenti, la tradizione delle cone votive è molto radicata. Le più famose e antiche in ordine temporale risalgono alla fine del ‘500 quando, in località Serra Campanara e Cona degli Augurelli, furono costruite per ricordare le apparizioni della Madonna. 

La loro presenza si è poi diffusa nelle frazioni agricole in corrispondenza al fenomeno stanziale degli insediamenti e si è intensificata nel corso dell’Ottocento e nel secolo scorso, quando la popolazione era di gran lunga superiore a quella attuale e i terreni erano quasi tutti coltivati.

In genere, i materiali edilizi sono poveri, le strutture iconografiche semplici e riconducibili a due tipologie: ad una sola nicchia concava interna, protetta da grata, con un dipinto o una statua, oppure a quattro nicchie esterne poco profonde con altrettanti dipinti. L’altezza supera appena i due metri; la base è quadrata o rettangolare; i dipinti rappresentano Santi.

Nei paesi del comprensorio queste edicole, poste perlopiù all’interno dell’abitato, richiamano i passanti ad una breve sosta dello spirito, fungendo da promemoria della fede o come richiamo di determinati eventi. Quelle di Conflenti sono state costruite esclusivamente fuori dall’abitato.

Evidente è il ruolo di tutelare campi e prodotti agricoli dalle calamità e i viandanti dagli incidenti di ogni genere, nel viaggio di andata e ritorno dalle campagne. 

Oltre che per i passanti giornalieri, le piccole cappelle erano importanti per la popolazione stabile nei plessi agresti, assicurando, in mancanza di chiese extra moenia, la presenza di un luogo di culto presso cui esprimere la loro fede con semplici gesti di devozione, e da cui trarre protezione. 

Le immagini dei santi che vi sono dipinti, per i credenti, specialmente per quelli del passato, non sono una mera rappresentazione ma vengono intesi come presenza reale hinc et nunc, qui ed ora, perciò chi ha fede ne ricava un sentimento di sicurezza e di sostegno concreto. 

Il senso delle cone conflentesi extra moenia è collegato inoltre al carattere di cintura protettiva, che è addetta ad allontanare dall’abitato le creature cupe della notte e a tutelare il paese dall’infiltrazione delle forze demoniache reprimendo gli spettri che sono in agguato nei luoghi non urbanizzati.

Queste piccole cappelle, con la derivazione degli schemi architettonici dalle edicole dei Lari e con i loro significati reconditi, rappresentano un nesso di continuità culturale collegando il presente al passato, la fede attuale a quella del mondo antico che nella figura di Ecate ebbe la divinità protettrice dei crocicchi oltre che la maga occulta del male. La copertura assistenziale effettuata da questa rete ausiliare ai limiti del borgo completa l’azione dei Santi, che portati annualmente in processione, purificano gli spazi tra le case. 

Sul piano devozionale le cone di Conflenti sono suddivisibili in cone di Maria e cone dei Santi.

Le cone di Maria. Sono le prime edicole in ordine di tempo, dedicate alla Vergine nel secolo delle apparizioni in località Serra Campanara (vedi art. “Le cone mariane di Serra Campanara” )

 

Le cone dei Santi. Le cone dei Santi, posteriori a quelle mariane, sono sparse nel territorio agreste fuori paese.

In origine erano quasi tutte di proprietà privata, posizionate in prossimità degli incroci dei vecchi sentieri interpoderali. Con il passare del tempo, anche a causa dell’abbandono delle campagne, molte di esse sono state lasciate al degrado. Ultimamente, grazie all’amore per questo territorio e alla sua determinazione, la signora Annarita Contato ha avviato un’opera di recupero che le ha riportate al loro antico splendore.

Il loro ripristino è stato accolto con molto favore dalla popolazione, e l’associazione sportiva Conflenti trekking le ha inserite in un percorso finalizzato alla loro conoscenza.

Liberamente tratto dall’articolo di Vittoria Butera

Il 9 marzo, in mezzo ad una moltitudine furono delineati i confini del Tempio…

A seguito del permesso finalmente accordato dal Vescovo il 9 marzo 1580 a Visora, in mezzo a una moltitudine di fedeli giunti da ogni parte, furono delineati i confini del Tempio, proprio nel luogo in cui la Madonna si era ripetutamente “mostrata” e poco prima era stato approntato un baraccone per pregare.

Le fondamenta furono scavate in soli quattro giorni dai cittadini di Conflenti, animati da un grande entusiasmo e gioiosi perché finalmente venivano esauditi i desideri della Vergine Maria. 

E così, il 12 marzo, il Vescovo ritornò a Visora e, compiuto il cerimoniale prescritto, pose la prima pietra del Santuario. I lavori procedettero con incredibile celerità. Si racconta che una lunghissima fila di conflentesi, scaglionatasi da Visora fino al letto del fiume Salso, si passasse di mano in mano le pietre e la sabbia occorrente. Dopo appena sette mesi, agli inizi del mese di ottobre, le strutture della chiesa, nella sua forma originaria, furono terminate. Si provvide, quindi, all’ornamento interno e sotto l’altare maggiore della novella chiesa fu inserito il tronco della quercia su cui era apparsa la Vergine Maria.  

La prima messa in forma solenne fu celebrata il 6 ottobre 1580 dal Vicario foraneo don Gianpietro Vescio e subito dopo, il 13 ottobre 1580 venne emanata dal Vescovo Mons. Pierbenedetti la Bolla di fondazione del Santuario con l’istituzione di quattro cappellanie

Si stabilì che la festa della Madonna di Visora fosse celebrata il 24 giugno, giorno dell’apparizione a Giovanni Calabria, e così fu per altri 27 anni. 

Un grande evento per il santuario avvenne  poi il 9 luglio 1581, e di questo abbiamo già dettagliato in precedenza, giorno in cui all’interno del Santuario venne trovato realizzato prodigiosamente il Quadro Divino.

L’immagine della Madonna, su tela, dipinta da “mano angelica” divenne per lungo tempo l’icona della Madonna di Visora e quindi il richiamo di tutti i pellegrini.

Il 26 agosto 1607 fu promulgata dal Vescovo Francesco Monaco la Bolla di Consacrazione del Santuario. Il vescovo benedisse l’altare maggiore, riponendo, racchiusi in un’urna, le reliquie di San Giovanni Battista, di San Bernardo, di Sant’Agnello, di Sant’Anna, di San Sabino e di Santa Giustina

Mons. Monaco stabilì che la festa fosse trasferita all’ultima domenica di agosto, perché così potesse goderne la popolazione della Diocesi di Martirano che nel mese giugno era impegnata nella raccolta delle messi. 

La devozione della Madonna della Quercia di Visora, su cui Maria apparve, si diffuse in tutto il Regno di Napoli e il numero dei pellegrini che accorrevano a Visora crebbe sempre di più tanto che si ritenne necessaria la costruzione di una casa di accoglienza dei pellegrini, in prossimità della chiesa.

Con Regio Diploma del 23 aprile 1695, il Re di Napoli Carlo II, in via esclusiva ed eccezionale, concesse che si potesse tenere mercato per tre giorni a Visora nei giorni della festa con esenzione di pubbliche imposte, questo privilegio fu poi esteso da Carlo III ad altri sei giorni.

Per diversi anni si discusse sul progetto di ampliamento della Chiesa, ma il continuo afflusso dei pellegrini non consentiva la sospensione delle funzioni religiose nel Santuario. 

Poi finalmente, in occasione del secondo centenario delle apparizioni, si pensò di ampliare il Santuario e il 2 agosto 1759 iniziarono i lavori.

Il cappellano don Francesco Paladini pose la prima pietra del nuovo corpo di fabbrica, senza abbattere il primo Tempio, per consentire il prosieguo delle attività religiose e conservando l’altare maggiore, sotto il quale vi era il tronco dell’antica quercia di Visora. 

Le cappelle da quattro passarono a otto e furono probabilmente eretti anche la sacrestia e il campanile. 

Nel 1778, a Santuario ultimato, il cappellano don Francesco Stranges fece scolpire a sue spese una statua lignea raffigurante la Vergine, che si ispirava ad una statuetta in marmo carrara del Seicento che si trovava nella Chiesa. 

Nei primi anni del Novecento vennero eseguiti altri lavori di ampliamento a cura dell’amministrazione comunale che modificarono sostanzialmente lo spazio presbiteriale e il retro della chiesa, che fu completamente riconfigurato valorizzando in questo modo anche lo spazio urbano. Elaborò il progetto l’ingegnere G. Rispoli di Napoli con l’ausilio dell’ingegnere Taverna di Catanzaro.

Successivamente nel 1907, iniziarono i lavori di decorazione degli interni, affidati ai fratelli Franchini di Milano mentre il pittore Giuseppe Cassioli di Firenze curò i bozzetti degli stucchi con le due pale dell’altare maggiore. Sul soffitto furono collocati tre grandi quadri, opera del pittore calabrese Carmelo Zimatore e del nipote Diego Grillo.

Con la fine della qualità laicale del Santuario e il ritorno sotto l’amministrazione della Diocesi, a seguito della firma del Concordato tra Stato e Santa Sede, si avvera finalmente un altro desiderio dei conflentesi, quello di affidare la cura della Chiesa ad una comunità monacale.

Grazie all’opera del Vescovo, Mons. Eugenio Giambro, arrivarono direttamente dalla casa madre di Torino le suore del Cottolengo, col compito non facile di curare il decoro del Tempio e organizzare un asilo per l’infanzia. 

A partire dal 1970 sono stati eseguiti altri lavori di restauro e ristrutturazione che hanno riguardato gli esterni e il campanile. 

Nel presbiterio sono stati realizzati per come si vedono attualmente l’altare rivolto al popolo, l’ambone e il pavimento e collocate altre quattro importanti tele, mentre sui finestroni furono applicate le vetrate istoriate, cinque sul presbiterio e otto sulla navata centrale. 

L’ultimo intervento di restyling, nei primi anni di questo secolo, ha invece riguardato il rifacimento della pavimentazione, del soffitto e di tutti gli interni, stucchi e pittura comprese, mentre l’esterno è stato completamente ripreso e dotato di una bellissima illuminazione. Sono stati inoltre ristrutturati gli ambienti destinati all’accoglienza dei pellegrini e quelli del fabbricato adiacente alla Chiesa, che ospita le suore del Cottolengo. 

Nel 2017, Il campanile è stato rimesso a nuovo e abbellito con stupende maioliche.