Chiese e altri luoghi di culto comprende tutti gli altri splendidi siti religiosi di Conflenti: Chiesa di S. Andrea, Chiesa dell’Immacolata, Chiesa della Madonna di Loreto, Chiesa di Sant’Anna, Chiesa di San Nicola senza dimenticare le bellissime e storiche Icone sparse sul territorio.

San Nicola è la chiesa più antica del paese. Lo testimonia un documento dell’Archivio Vaticano del 30 Marzo 1446, in cui il Papa Eugenio IV dava disposizioni al tesoriere della Curia di Martirano per la nomina di un cappellano nella chiesa di San Nicola “dei casali dei Conflenti Soprani”, rimasta vacante per la morte del titolare.

Verosimilmente la sua costruzione risale ai secoli precedenti così come il sorgere di una comunità nelle sue vicinanze. Diversi indizi portano a pensare che originariamente fosse un piccolo cenobio basiliano*, intitolato a San Nicola di Mira, uno dei tanti sorti tra il IX e X secolo sotto la spinta delle incursioni saracene, che costrinsero molti monaci a cercare riparo nelle aree interne, in punti particolarmente suggestivi e riparati. In seguito con la conquista normanna della Calabria (a partire dal 1050), questi cenobi greci e bizantini furono latinizzati e la stessa sorte toccò pure al piccolo cenobio di San Nicola, che divenne chiesa latina sotto la giurisdizione del Vescovo di Martirano.

Col passare degli anni l’importanza di questa chiesa crebbe a tal punto che già nel corso del 1500, la chiesa di San Nicola, risultava essere la “matrice” di tutte le altre chiese, rivestendo un ruolo molto importante in tutta quella vasta area del Reventino che comprendeva anche i villaggi di montagna.

A ribadirne l’importanza ancora nel 1839 il parroco della parrocchia, don Francesco M. Stranges, risultava essere procuratore speciale di D. Guglielmo Winspeare di Napoli, abate commendatario dell’Abbazia dei Santi Quaranta Martiri del Mitoio in territorio di Sambiase. Questa Abbazia era proprietaria di tantissimi terreni e beni in tutta l’area del Reventino e del Mancuso.

La chiesa sin dalle origini e fino agli inizi dell’Ottocento fu utilizzata come cimitero; i cadaveri, avvolti in un lenzuolo, venivano seppelliti sotto il pavimento della navata centrale.

A partire dalla fine dell’Ottocento, San Nicola pur restando centrale nella vita di Conflenti Soprani, perse sempre più d’importanza.
Agli inizi del Novecento, la chiesa, a causa di gravi dissesti idrogeologici e a seguito di alcune scosse di terremoto che provocarono impressionanti lesioni ai muri portanti, al tetto e ai pavimenti, fu più volte chiusa al culto.

Nel 1941, in seguito ad un’alluvione, fu abbandonata a causa di una paurosa frana che la rendeva pericolosa. Poi nel 1948, beneficiando di una legge per le alluvioni, con un contributo di otto milioni da parte del Provveditorato delle Opere Pubbliche di Catanzaro e con le generose offerte dei parrocchiani fu rimessa completamente a nuovo, arricchita di marmi e di un artistico altare maggiore. Nel 1962, in seguito a un terremoto, crollò parte del soffitto e i muri portanti subirono gravi danni e crepe tali da sconsigliarne l’uso, e infatti, con ordinanza del Genio Civile, fu immediatamente chiusa al culto.
Le statue e gli arredi più importanti furono trasferiti nella vicina chiesa della Madonna di Loreto.

Da un punto di vista architettonico, la costruzione della chiesa, in stile classico, rimanda alla fine del Quattrocento. È a tre navate con ampio presbiterio.  Nelle navate laterali vi erano ubicate cinque cappelle: quelle della Madonna del Rosario, del Sacro Cuore, di Santa Lucia, delle Anime del Purgatorio, del SS Sacramento.

Dopo anni di completo abbandono, nel 2021, la chiesa, passata di proprietà al Comune, sembra destinata ad un’importante opera di riqualificazione e seppure in altra veste si auspica torni a diventare centrale nella vita della comunità.

La Chiesa di San Nicola ha sempre avuto una funzione fondamentale nella conservazione della specifica identità culturale degli abitanti di Conflenti Soprani. Essa ha rappresentato fino alla seconda metà dell’Ottocento l’elemento principale d’unione degli abitanti della zona.


*La “cripta” è con ogni probabilità una costruzione molto più antica ed estesa della Chiesa stessa, utilizzata in precedenza come cimitero.

 

La Chiesa di Sant’Andrea è una delle chiese più importanti di Conflenti, in quanto dedicata al santo che fino a poco tempo fa è stato il Patrono del paese. 

A questa Chiesa costruita sul finire del ‘500 e definitivamente consacrata nel 1741, fa capo la parrocchia di Conflenti Sottani istituita nel XVII secolo.

Nel 1905 l’edificio fu parzialmente distrutto dal terremoto e riaperto al culto solo un decennio più tardi. Prima del terremoto l’altare maggiore era in legno, sormontato da tre nicchie: nella nicchia centrale (la più grande) erano poste le statue di San Giuseppe e della Madonna del Rosario, con S. Caterina e S. Domenico mentre in quelle laterali erano poste le statue di S. Andrea e San Francesco. Nella navata centrale vi erano quattro altarini al di sotto delle attuali quattro nicchie.

Il restauro completo fu però ultimato solo nel 1958 e in quella occasione furono eseguiti anche dei pregevoli affreschi del pittore Pignatari raffiguranti episodi Evangelici della vita di Sant’Andrea.

Oltre a questi importanti dipinti, tra i beni di pregio presenti all’interno della chiesa, va sicuramente menzionato il prezioso tabernacolo marmoreo proveniente dall’Abbazia di Santa Maria di Corazzo che Conflenti riuscì a ottenere dopo lo smantellamento della stessa avvenuta nel XIX secolo.

La Chiesa è ubicata nella parte bassa e storica di Conflenti Sottani, alla fine della discesa   ‘d’u Piru e al centro di una suggestiva piazzetta.
La facciata principale in stile neoclassico è caratterizzata da un prestigioso portale lapideo con arco a tutto sesto fiancheggiato da lesene scanalate che reggono una trabeazione con decorazioni a dentelli e girali.

Sul portale un’icona che ospita un altorilievo raffigurante Sant’Andrea con la sua croce dietro le spalle racchiusa tra una cornice, ai lati due monofore strombate che proiettano la luce all’interno. Ai lati della facciata quattro alte lesene, due per lato, che sostengono un ampio timpano. Molto bello anche il portale laterale in pietra scolpita.

All’interno l’aula liturgica è suddivisa in tre navate con abside quadrato di grande pregio artistico. Sull’altare maggiore, oggi in marmo, in una grande nicchia, l’imponente statua lignea del Santo, del 1714. Nelle nicchie e teche laterali sono custodite le statue di Sant’Antonio di Padova, Santa Liberata, San Francesco e San Giuseppe e una croce con il Cristo morto, simulacro usato per la rappresentazione sacra del Venerdì Santo.

La vasca battesimale è in metallo dorato sorretta da un fusto marmoreo. In collegamento con l’abside si trova la sacrestia, con gli armadi e gli archivi parrocchiali. Lateralmente sono posizionati due confessionali in castagno.
Salendo per l’irta scala laterale, si arriva al piano alto della chiesa dove l’antico organo, dalla balconata, si erige per la magistralità delle sue lunghe canne, sin quasi al soffitto. Lo strumento ha due tastiere e una pedaliera dritta, a trasmissione integralmente meccanica ed è inserito all’interno di una cassa lignea in stile neoclassico. Collocate appena al di sopra delle teste dei fedeli si trovano le formelle raffiguranti la Via Crucis, numerate in caratteri romani e dotate ognuna di uno specifico impianto di illuminazione.

Negli anni ‘90 l’imponente e pesante statua del vecchio Patrono è stata oggetto di un’importante opera di restauro da parte della Sovraintendenza delle Belle Arti e il ritorno, a lavori conclusi, fu salutato con grande commozione dalla comunità dei fedeli. La struttura è anche dotata di una piccola casa non abitabile, lasciata in eredità dal parroco Don Stefano Stranges.

La chiesa è stata realizzata alla fine del XX secolo su richiesta dei fedeli della frazione di San Mazzeo che desideravano avere un luogo di culto più vicino rispetto a quello parrocchiale.

Gli stessi fedeli offrirono il suolo e sostennero in ogni modo Don Giulio Fazio, allora rettore del Santuario, che venne incontro alle legittime richieste degli abitanti del luogo.

La chiesetta realizzata su progetto dell’Ing. Pirritano Raffaele è stata inaugurata ed aperta al culto il 17 dicembre del 1978, inizialmente senza alcuna consacrazione ufficiale.

 

È costituita da un’unica aula rettangolare di circa 18.00 mt di lunghezza per 10.50 mt di larghezza ed un’altezza al colmo di mt 8.00. All’edificio chiesa ed a quello retro, che già esistevano nel progetto originario, sono stati aggiunti altri due piccoli edifici uno a sinistra con accesso diretto dall’ interno dell’aula, utilizzato oggi come sacrestia, ed uno a destra con accesso dall’ esterno utilizzato come aula e come deposito.

Da un punto di vista strutturale l’edificio ha uno scheletro portante di sette portali in cemento armato, tamponatura in muratura e solai in laterocemento. Il pavimento è stato realizzato con lastre di marmo di diversi tipi e colorazioni gettate e levigate in opera. 

Il presbiterio è costituito da un’alta predella centrale su cui sono collocati l’altare ed il tabernacolo incassato in un finto muro realizzato in cartongesso che funge da fondale e serve a schermare la porta d’accesso dell’edificio retro, costruito in aderenza in cui sono ricavate due aule per il catechismo.

Ai lati della predella centrale sono stati ricavati due spazi a quarto di cerchio definiti da un gradino su cui sono stati posizionati a sinistra la sede e a destra la statua di Sant’Anna, posta su un alto basamento.

Dalle informazioni raccolte pare che inizialmente si discusse molto su a chi intitolare il sacro tempio. La popolazione del luogo chiese al parroco di poter venerare anche nella frazione l’amata Madonna di Visora, ma questa soluzione non venne ritenuta opportuna.

 

A risolvere in modo inaspettato la questione, ci pensò Don Fiorino Vago (ai tempi parroco di Motta S. Lucia) che donò alla comunità della popolosa frazione una delle due statue di Sant’Anna presenti nella chiesa del paese. È sempre a Don Fiorino che si deve la celebrazione della festa nella prima domenica di agosto e non al 26 luglio, perché non si sovrapponesse alla forte devozione allora vissuta dal popolo di Motta e anche come forma di rispetto dell’altra comunità limitrofa di Gabella, che nell’ultima domenica di luglio festeggia la sua patrona Santa Rita.

L’artistica chiesetta della Madonna di Loreto fu costruita sul luogo dove sorgeva una modesta icona dedicata alla Madonna che fu trasformata nel periodo che va dal 1650 al 1733 in un luogo di culto.
In quel periodo, nell’Italia Meridionale si diffusero largamente le istituzioni delle varie Congreghe Mariane, e così anche a Conflenti Soprani, un nutrito gruppo di famiglie decise di fondare la Congrega di Maria SS. di Loreto.
I lavori di costruzione del tempio sacro iniziarono grazie alle prestazioni gratuite di giornate lavorative e alle generose oblazioni dei membri della Congrega e della comunità locale, e così nel giro di qualche decennio si riuscirono a completare i lavori.

La chiesa fu ultimata nel 1733, anno in cui fu collocato il monumentale frontone intagliato in pietra tufacea, ad opera dei maestri scalpellini della valle del Savuto, attivi nella nostra regione a partire dal XVI secolo.
Fin dai primi tempi, la chiesetta fu destinata a sede di questa confraternita di fratelli laici, che partecipavano in divisa ecclesiastica (camice e mozzetta) alle processioni, ai funerali e ai solenni vespri che precedevano le più importanti feste dell’anno liturgico. Il Priore veniva eletto con votazione a scrutinio segreto per la durata di un triennio.
La Congrega ebbe vitalità fino al 1880, poi funzionò solo in occasione dei funerali e dietro compenso per coreografia.
Col passare del tempo anche la chiesa venne utilizzata di meno, solo per la messa domenicale e in occasione delle feste dei santi le cui statue si trovavano all’interno, come ad esempio: Sant’Antonio e la Madonna di Loreto; e anche la sua manutenzione e quella delle opere d’arte al suo interno fu trascurata.
Quando nel 1962, a causa di un terremoto la Chiesa di San Nicola venne chiusa perché pericolante e non si riuscì ad ottenere nessun aiuto per il suo ripristino, gli abitanti di Conflenti Soprani sentirono forte la necessità di avere un loro luogo di culto agibile e così nacque un comitato spontaneo di parrocchiani che si fece carico del restauro di quella della Madonna di Loreto.

Grazie anche al contributo dell’Amministrazione comunale, alle offerte generose di tutto il popolo e di molti emigranti (Jennie Marotta da Brooklyn inviò 1000 dollari, una somma notevole all’epoca), si riparò la cupola, gravemente lesionata, si rifece completamente la copertura e si costruirono sei nicchie per la sistemazione delle statue dei santi. Fra i lavori di maggior impegno meritano di essere ricordati quelli del restauro artistico dei tre quadri della navata centrale, secondo i disegni e i colori originali, effettuati dal Prof. Badolato Antonio e dal figlio Alberto di Tiriolo.
L’interno dell’unica navata fu decorato con stucchi e affreschi sulla volta a botte.
A norma dei decreti del Concilio Vaticano II fu eretto nel presbiterio un altare in marmo rivolto al popolo, si pavimentò con marmo l’intera navata della chiesa e tutti gli infissi, sgangherati dal tempo furono sostituiti con finestre metalliche a croce latina e vetri retinati fumé e giallo. L’organo a canne fu eliminato.
Nella Chiesa di Loreto furono trasferiti gli arredi più importanti della Chiesa di San Nicola, vi si installò l’archivio parrocchiale e gli annuali con tutte le suppellettili e i paramenti sacri.

Fino agli anni Sessanta, alla Chiesa di Loreto si accedeva tramite un’ampia gradinata frontale, che occupava gran parte dello spiazzale. Poi, per ampliare la strada e permettere il passaggio del “postalino”, si decise di toglierne una parte (in realtà ci fu bisogno di smussare anche il muro della casa di Vittorio Paola). Della vecchia, splendida, gradinata purtroppo ora è rimasto solo lo spezzone laterale.
La chiesa è ubicata nella parte alta del paese. La facciata è costituita da un maestoso portale lapideo con arco a tutto sesto di gusto classico fiancheggiato da lesene piatte scanalate e rudentate che reggono una trabeazione aggettante con decorazioni ad ovali e dentelli con timpano spezzato, il tutto incorniciato da lesene che sorreggono il timpano della facciata. Sul portale una finestra.
L’interno della navata è decorato con stucchi e affreschi sulla volta a botte, lesene ioniche che sorreggono una trabeazione mistilinea percorrente tutto il perimetro. Ai lati archi ciechi con al centro nicchie per le statue dei santi e in alto finestrelle per l’illuminazione dell’aula.

L’edificio è realizzato in muratura tradizionale con copertura a falde. La navata è coperta da volta a botte.
La pianta ha uno sviluppo longitudinale a navata unica con abside semicircolare. Sull’abside si eleva la cupola. La copertura è costituita da una sottostruttura in legno, a capriate. Il manto di copertura è in coppi di laterizio.
Nella chiesa della Madonna di Loreto si celebrano oggi le feste di san Nicola di Bari, la seconda domenica di maggio, e di santa Lucia, il 13 dicembre. La Chiesa ospita, infatti, le statue dei due santi: san Nicola spodestato dalla sua chiesa originale, ormai inagibile, e della santa protettrice della vista.

Fonte Villella, Carnovale, archivio Diocesi

A partire dalla fine del millecinquecento si diffuse il tutta l’Italia Meridionale il fenomeno delle Congreghe Mariane, e così anche Conflenti Sottani un nutrito gruppo di persone decise di fondare una Congrega dedicata all’Immacolata Concezione.

La Pia Congregazione dell’Immacolata, secondo il libro delle Regole che ne stabilisce il funzionamento e il comportamento dei fratelli, nacque nel 1667. E anche in quegli anni fu costruita grazie al lavoro e a generose oblazioni dei membri della Congrega e di numerosi volontari la chiesa dell’Immacolata. La Pia Congrega aveva il compito di prendersi cura della chiesa dedicata alla Vergine senza Peccato e organizzare con la cura dovuta i festeggiamenti in suo onore. Inizialmente i membri erano scelti solo tra persone benestanti col tempo poi si allargò alla partecipazione di tutti.

Col passare del tempo però, la congrega laicale che contava oltre cento confratelli, gestendo un buon patrimonio, divenne molto potente e cominciò a deviare dagli originari fini istituzionali pii e religiosi per trasformarsi in un centro di clientela e di potere. Ci furono per questo vere e proprie lotte per accaparrarsi le cariche che garantivano privilegi e sicuri vantaggi economici dall’amministrazione dei beni. Questa situazione di degrado si accentuò agli inizi dell’Ottocento portando a numerose denunce di prevaricazione e nepotismo che arrivarono a investire più volte il Vescovo.

Malgrado tutto ciò, la chiesa dell’Immacolata era ormai diventata un punto di riferimento importante per tutta la comunità di Conflenti Sottani, e la festa, con tutto il caratteristico cerimoniale che ci girava intorno, era una delle più sentite.

Nel 1905 la chiesa a causa del terremoto venne chiusa al culto per molti anni perché gravemente danneggiata. Eseguiti i lavori di restauro, fu riaperta ai fedeli nel 1929. Durante questo periodo si aggiunse una terza navata e fu completamente rifatta la facciata. Mentre il campanile, inizialmente a piramide, venne notevolmente abbassato e portato a terminare con l’attuale loggetta. 

Le peripezie della chiesetta non erano però finite, l’alluvione del 1959, che investì quella parte del paese a partire dalla zona di Pometta, arrecò altri gravissimi danni alla struttura e di conseguenza il tempietto venne di nuovo chiuso al culto. 

Grazie all’impegno della Congrega, alla raccolta di fondi tra i fedeli e all’opera di volontari, la chiesa fu soggetta a nuove ristrutturazioni a partire dal 1965. Mentre nel 1980, grazie all’instancabile lavoro del rettore del Santuario, fu rifatto il pavimento e intonacata la navata sinistra e il presbiterio. 

Intorno al 2015 il piazzale antistante la chiesa ha subito un grosso crollo riparato ancora una volta grazie alla tenacia del sacerdote e al lavoro della Congrega e dei volontari. 

La chiesa dell’Immacolata che si trova alla fine di via Garibaldi, nel punto più basso del paese, è una chiesa semplice e povera. In questa cornice di povertà spicca la bellissima statua lignea dell’Immacolata Concezione del 1714, opera dello scultore Giacomo Colombo, già autore della statua della Madonna di Visora. 

La Madonna avvolta in un manto azzurro e con un’aureola di stelle sul capo, schiaccia vittoriosa il serpente sotto i suoi piedi. Restaurata e posta sull’altare maggiore, o sul pulpito, nella navata centrale, nonostante i disastri subiti è rimasta sempre intatta. 

Attualmente la chiesa funziona soltanto in occasione della ricorrenza dell’Immacolata e la domenica delle Palme. La congrega dell’Immacolata esiste ancora oggi, aperta anche alle donne, riconoscibile durante la processione per la cappa azzurra dei confratelli, collabora e prende parte anche alle processioni e ai festeggiamenti in onore degli altri Santi che si celebrano a Conflenti.

Le edicole votive o cappelle campestri, più note come cone, sono una testimonianza importante della tradizionale cultura religiosa del nostro paese. 

In generale la loro origine si può far risalire ai tempietti o edicole che i pagani dedicavano ai Lares. Gli antichi romani le ponevano all’interno delle domus per ospitare le anime degli antenati trasformati appunto in Lari, divinità tutelari della casa e della famiglia, mentre per i Lares compilates (che presiedevano bivi e quadrivi) le costruivano al limite delle proprietà e nei crocicchi. 

Nella tradizione locale, la loro realizzazione è dovuta a un committente, spesso anche costruttore, che dedicava a un Santo la propria edicola come ex voto per una grazia attesa o ricevuta, oppure per devozione o per un evento particolare verificatosi nel luogo. Col passare del tempo, indebolendosi la memoria collegata all’offerente, l’edicola ha superato il limes del dono individuale e ha assunto il valore della devozione comune. 

Essendo sorte in autonomia dai canoni della chiesa che veniva coinvolta solo per la benedizione, queste esigue cappelle vengono percepite come espressione devozionale spontanea.

A Conflenti, la tradizione delle cone votive è molto radicata. Le più famose e antiche in ordine temporale risalgono alla fine del ‘500 quando, in località Serra Campanara e Cona degli Augurelli, furono costruite per ricordare le apparizioni della Madonna. 

La loro presenza si è poi diffusa nelle frazioni agricole in corrispondenza al fenomeno stanziale degli insediamenti e si è intensificata nel corso dell’Ottocento e nel secolo scorso, quando la popolazione era di gran lunga superiore a quella attuale e i terreni erano quasi tutti coltivati.

In genere, i materiali edilizi sono poveri, le strutture iconografiche semplici e riconducibili a due tipologie: ad una sola nicchia concava interna, protetta da grata, con un dipinto o una statua, oppure a quattro nicchie esterne poco profonde con altrettanti dipinti. L’altezza supera appena i due metri; la base è quadrata o rettangolare; i dipinti rappresentano Santi.

Nei paesi del comprensorio queste edicole, poste perlopiù all’interno dell’abitato, richiamano i passanti ad una breve sosta dello spirito, fungendo da promemoria della fede o come richiamo di determinati eventi. Quelle di Conflenti sono state costruite esclusivamente fuori dall’abitato.

Evidente è il ruolo di tutelare campi e prodotti agricoli dalle calamità e i viandanti dagli incidenti di ogni genere, nel viaggio di andata e ritorno dalle campagne. 

Oltre che per i passanti giornalieri, le piccole cappelle erano importanti per la popolazione stabile nei plessi agresti, assicurando, in mancanza di chiese extra moenia, la presenza di un luogo di culto presso cui esprimere la loro fede con semplici gesti di devozione, e da cui trarre protezione. 

Le immagini dei santi che vi sono dipinti, per i credenti, specialmente per quelli del passato, non sono una mera rappresentazione ma vengono intesi come presenza reale hinc et nunc, qui ed ora, perciò chi ha fede ne ricava un sentimento di sicurezza e di sostegno concreto. 

Il senso delle cone conflentesi extra moenia è collegato inoltre al carattere di cintura protettiva, che è addetta ad allontanare dall’abitato le creature cupe della notte e a tutelare il paese dall’infiltrazione delle forze demoniache reprimendo gli spettri che sono in agguato nei luoghi non urbanizzati.

Queste piccole cappelle, con la derivazione degli schemi architettonici dalle edicole dei Lari e con i loro significati reconditi, rappresentano un nesso di continuità culturale collegando il presente al passato, la fede attuale a quella del mondo antico che nella figura di Ecate ebbe la divinità protettrice dei crocicchi oltre che la maga occulta del male. La copertura assistenziale effettuata da questa rete ausiliare ai limiti del borgo completa l’azione dei Santi, che portati annualmente in processione, purificano gli spazi tra le case. 

Sul piano devozionale le cone di Conflenti sono suddivisibili in cone di Maria e cone dei Santi.

Le cone di Maria. Sono le prime edicole in ordine di tempo, dedicate alla Vergine nel secolo delle apparizioni in località Serra Campanara (vedi art. “Le cone mariane di Serra Campanara” )

 

Le cone dei Santi. Le cone dei Santi, posteriori a quelle mariane, sono sparse nel territorio agreste fuori paese.

In origine erano quasi tutte di proprietà privata, posizionate in prossimità degli incroci dei vecchi sentieri interpoderali. Con il passare del tempo, anche a causa dell’abbandono delle campagne, molte di esse sono state lasciate al degrado. Ultimamente, grazie all’amore per questo territorio e alla sua determinazione, la signora Annarita Contato ha avviato un’opera di recupero che le ha riportate al loro antico splendore.

Il loro ripristino è stato accolto con molto favore dalla popolazione, e l’associazione sportiva Conflenti trekking le ha inserite in un percorso finalizzato alla loro conoscenza.

Liberamente tratto dall’articolo di Vittoria Butera