Maestosa ed elegante la Basilica della Madonna della Quercia di Visora è indubbiamente il simbolo e l’orgoglio di Conflenti.

L’imponente costruzione, edificata nella parte alta dell’abitato, sulla via principale, nel corso dei secoli ha cambiato notevolmente il suo aspetto, e oggi presenta una pianta a tre navate con un prospetto tardo-ottocentesco. Sulla facciata principale, decorata co alte lesene scanalate, sono presenti tre portali rettangolari in pietra. 

I due laterali sono sovrastati da nicchie vuote, quello centrale da una monofora rettangolare. In alto corre una cornice aggettante dentellata. 

Molto bello e interessante il porticato della parte posteriore, che retto da colonne ioniche con una balconata soprastante, valorizza tutta la piazza e lega il tempio al centro abitato. 

Sul lato sud c’è anche la torre campanaria che si eleva su quattro livelli, sull’ultimo dei quali, coperto da una cupola abbellita da stupende maioliche, c’è un orologio.

 

L’interno, ampio e luminoso, a cui si accede attraverso un’antiporta in legno e vetro decorato, si compone, come abbiamo detto, di tre navate, ripartite da pilastri a base rettangolare che sostengono archi a tutto sesto, con transetto e terminali absidati. Le navate laterali presentano ad ogni campata, una cupola ribassata decorata a stucchi e concludono con una cappella finale. 

Particolare è la parte del presbiterio costituito da volta a botte decorata a finti lacunari che poggia su colonnati laterali che si aprono nel transetto. Nel presbiterio sopra il monumentale altare maggiore in marmi policromi, opera del valente marmista Cav. E. Tomagnini da Carrara, è custodita in una grande nicchia la statua della Madonna della Quercia con Bambino. Questa è sormontata dal “Quadro Divino” che è incastonato in una cornice marmorea piuttosto lavorata. Ai lati dell’altare ci sono due angeli affrescati, opera del pittore Grillo. 

La resa plastica degli elementi architettonici e la presenza della statua della Madonna e del Quadro Divino qualificano questo apparato scenico, completato e arricchito dai dipinti del primo novecento, sulla parete di fondo, raffiguranti l’Annunciazione e I Due Angeli in Volo.

La statua lignea in legno policromo della Vergine Maria, regalata dal cappellano Don Francesco Stranges in occasione del bicentenario della fondazione, che si ispira alla statuetta in marmo di carrara risalente al secolo XVII e conservata in sagrestia è diventata col tempo l’icona ufficiale della Vergine di Visora. 

Secondo il prof. Villella, dovrebbe essere opera di un artista anonimo appartenente alla scuola napoletana dello scultore Giacomo Colombo, e anche se lo studioso esclude che sia opera dello stesso scultore, essa è sicuramente una delle sculture più belle prodotte da quella celebre scuola. 

La navata centrale è scandita da lesene con capitello corinzio che sostengono una trabeazione aggettante riccamente decorata che ripercorre tutto il perimetro.
La decorazione degli interni è opera dei fratelli Franchini di Milano, e i bozzetti degli stucchi con le due pale dell’Altare Maggiore del pittore Cassioli di Firenze.

Al di sopra di essa decorazioni a stucco e dipinti di angeli preparano alla vista, il bellissimo soffitto piano arricchito da tre grandi quadri del pittore Carmelo Zimatore e di suo nipote Diego Grillo da Pizzo Calabro: l’Apparizione della Madonna, il Martirio di Sant’Andrea e la Predicazione di San Giovarmi Battista.

L’occhio va subito all’Apparizione della Madonna della Quercia di Visora, di dimensioni molto più grandi rispetto agli altri due, si colloca centralmente e si sviluppa in tre registri. In basso le anime dei dannati in un groviglio di compiere figure alate, ammassati nel fuoco, verso le quali si sviluppa un angelo nell’atto di suonare un corno. 

Questa figura funge quasi da raccordo tra i due registri, creando una sorta di movimento circolare dell’immagine della regina verso le creature infernali. 

A sinistra, invece, in posizione simmetrica rispetto all’angelo, troviamo Sant’Andrea, raffigurato nel momento della crocefissione, e San Nicola di Bari. E due sono i Santi Protettori, rispettivamente, di Conflenti Inferiore e Conflenti Superiore. 

Al centro dell’affresco, campeggia l’immagine della Vergine che sorregge il Bambino con in mano un ramoscello di Quercia. Nel registro superiore, tra le nubi angeli giubilari, suonano. 

Ne “il Martirio di Sant’Andrea”, presente sempre sul soffitto, l’apostolo, avvolto ini panno rosso, con la “sua” croce caratteristica, è pronto per il martirio. Un angelo possiede la corona di gloria che verrà messo sul suo capo, simbolo della testimonianza della fede di Cristo. Sul lato sinistro, poi, coloro che hanno decretato la sua crocifissione, indifferenti ed elegantemente vestiti, assistono alla sua morte. La presenza dell’affresco dedicato all’apostolo fratello di Pietro, deriva dal fatto che la Basilica ricadeva e ricade tuttora, nella parrocchia di Sant’Andrea

Anche “La predicazione del Battista” sul lato opposto risulta essere legata alla storia della nostra basilica. La terza apparizione della Madonna, infatti, la prima nel luogo di Visora, avvenne la sera del 24 giugno 1578. In quella data la Vergine apparve a un uomo storpio di un piede e cieco di un occhio. 

Nel giorno in cui la Chiesa celebra S. Giovanni Battista, l’uomo, tra l’altro di nome Giovanni, fu miracolato. 

Sulla cantoria i dipinti di Santa Cecilia e del Profeta David sono lavori di Diego Grillo. Nella navata destra sono conservate le tele di S.Tommaso d’Aquino e di S.Gregorio Magno. L’altare di fondo è decorato con la Crocifissione, attribuibile al Cassioli di Firenze.

Nella navata sinistra solo le tele di S.Marco e di S.Giovanni Battista, (datata 1817), maldestramente restaurate e un San Ferdinando ,opera di recente fattura che ricalca antichi stilemi.. Nelle esedre del presbiterio sono presenti i dipinti della “Fuga in Egitto”, “Sacra Famiglia”, “il lavoro nei campi” e “gli emigranti”, opere degli anni ’70 di Padre Stefano Macario di Napoli.

Su tutti i grandi finestroni per espressa volontà del compianto vescovo Mons. Palatucci sono stati applicate vetrate istoriate della famosa ditta “La Diana” di Siena. Cinque sono sul presbiterio: quattro con simboli eucaristici e uno col monogramma del nome della Madonna. Le otto vetrate della navata centrale hanno per soggetto gli episodi più importanti della vita della Madonna: Annunciazione, visita a S. Elisabetta, nascita di Gesù, presentazione di Gesù al Tempio, nozze di Cana, la Madonna del Calvario, Discesa dello Spirito Santo su Maria, Assunzione.

Da un punto di vista storico, la Basilica Minore di Maria S.S. delle Grazie della Quercia di Visora riveste grande importanza nella tradizione religiosa del culto mariano.

Gli incredibili e miracolosi avvenimenti riconducibili alla Madonna di Visora, la devozione dei fedeli e il continuo accorrere al suo Tempio da ogni parte della Calabria e non solo, hanno spinto le autorità ecclesiastiche a concedere alla Chiesa di Visora numerosi benefici e privilegi.

Sisto V (1585-1590) fin da subito concesse particolari indulgenze ai pellegrini visitatori. Inoltre nel 1607 nel momento della consacrazione della chiesa e dell’altare il Vescovo fece pubblicare una apposita Bolla in cui si stabiliva che si concedevano 40 giorni di indulgenza a coloro che ogni anno, in quella data andassero a visitarlo.

Nel corso del settecento, poi, in occasione dei lavori di ampliamento, una vera e propria valanga di indulgenze fu concessa al Santuario. 

Papa Pio VI (1775-1799), con apposito Breve pontificio, il 26 novembre 1778 concesse l’indulgenza plenaria a chi visitasse il Santuario di Visora in qualunque giorno dell’anno, ricevendo i sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia. Inoltre con un altro Breve, nella stessa data dichiarò privilegiato l’Altare maggiore del Santuario e concesse che ad ogni Messa celebrata un’anima di un fedele defunto restasse libera dalle pene del purgatorio.

Con un Breve del 28 novembre dello stesso anno 1778, confermava le indulgenze di 200 giorni a chi recitasse nel tempio di Visora le litanie della Vergine. Tali indulgenze, come attesta il documento, erano state concesse anche da Sisto V (1585-1590) e confermate sia da Benedetto XIII (1724-1730) che da Clemente XIII (1758-1769). 

Pio VI concesse che potessero essere applicate ai defunti. Con un altro Breve del 27 gennaio 1780 concesse le stesse indulgenze che si ottenevano visitando la Basilica di S. Pietro in Roma, a coloro che, la prima Domenica di ogni mese, avrebbero visitato i sette altari della Chiesa di Visora.

Inoltre con Breve del 9 maggio 1780, Pio VI concesse l’indulgenza plenaria a chi, una volta l’anno (e cento giorni a chi una volta al giorno) avrebbe visitato le Cappelle dei misteri della passione poste fuori e intorno alla Chiesa di Visora.

A ulteriore conferma dell’importanza attribuita al Tempio di Visora il Capitolo della Basilica Vaticana di S. Pietro, in data 4 luglio 1782, ornò solennemente con la corona d’oro l’immagine della Vergine di Visora e questo privilegio è stato concesso solo in rarissime occasioni.

 

 

                    L’Ufficio e la S. Messa propria della Vergine di Visora  

Il decreto emesso dalla Sacra Congregazione dei Riti per l’approvazione della Messa propria nel rito doppio di prima classe con ottava per la Diocesi di Nicastro e l’Ufficio proprio della Vergine di Visora, porta la data del 12 apr

ovanni Règine. Il rito doppio è una particolare forma nella recita dell’Ufficio divino un tempo in uso nella liturgia cattolica per una festività particolarmente solenne. Era così denominato perché in queste occasioni si ripetevano gli stessi vespri sia nella vigilia sia nella festa stessa e le antifone venivano ripetute per intero prima e dopo ogni salmo delle ore canoniche. Per feste di minore solennità si usava il rito semidoppio e il rito semplice. Il testo del decreto relativo al Santuario di Conflenti si trova nell’Archivio della Congregazione dei Santi. In esso c’è il riferimento alle numerose grazie che la Vergine Maria elargiva nel Santuario di Conflenti, molto frequentato dai fedeli, alle indulgenze ottenute dal papa Pio VI e anche alla incoronazione del Quadro Divino da parte del Capitolo Vaticano.

Nell’Archivio della Congregazione dei Santi c’è il Rito con la S. Messa propria per l’ultima domenica di Agosto della “Beatae Mariae Virg. de Gratia (vulgo de Visora)” e l’Ufficio proprio, nel volume Propri Missarum XXIII, al numero 9. Il rito fu stampato dalla tipografia Bevilacqua, con l’imprimatur della Curia Vescovile di Nicastro del 7 febbraio 1906.

                                                Il Santuario degli Emigrati

Il 27 agosto 1961, il vescovo, Monsignor Moietta, proprio negli anni di maggiore emigrazione dei figli del meridione, sensibile al bisogno di questi di suggellare un più stretto legame con la loro Madre Divina, nel corso di una messa solenne consacrò, riprendendo l’apposito Decreto, Il tempio di Visora come “Santuario degli emigranti”

Da allora ogni emigrante sa, che per lui, una lampada votiva arde sempre ai piedi della Madonna, e per questo è stata istituita, ogni seconda domenica di agosto, una festa a loro dedicata, con messa solenne, rinnovo dell’accensione della lampada dell’Emigrato e Processione del Quadro Divino per il paese.  Al fedele che, in ogni luogo, recita quella preghiera di consacrazione sono concessi 100 giorni di indulgenza.

È doveroso, inoltre, ricordare che in occasione della visita pastorale del Santo Padre in Calabria del 9 ottobre 2011, la magnifica statua lignea della beata Vergine di Visora è stata posta sul palco accanto all’altare della celebrazione eucaristica. E al termine della cerimonia, il Papa Le ha reso onore benedicendo un ramoscello d’oro, realizzato dall’orafo Gerardo Sacco che poi è stato posto nella mano del Bambino che la Vergine porta in braccio

                 L’elevazione del Santuario alla dignità di Basilica Minore


Per concludere degnamente la lunga serie di privilegi del Santuario, nell’ottobre del 2018, il Tempio di Visora è stato definitivamente elevato a Basilica Minore Pontificia.

Mons. Luigi Antonio Cantafora, vescovo della diocesi di Lamezia Terme dal 24 gennaio 2004, venuto a conoscenza dei numerosi documenti storici sul Santuario scoperti nei vari archivi ecclesiastici, nel mese di dicembre 2017 aveva presentato presso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, tutta la documentazione necessaria perché venisse concesso al Santuario della B. V. Maria delle Grazie in Conflenti il titolo di Basilica Minore.

Esaminato il corposo dossier in data 31 maggio 2018 con decreto ufficiale della Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il Santuario è stato elevato alla dignità di Basilica Minore. 

Domenica 21 ottobre 2018 è stato proclamato tale decreto nel corso di una solenne celebrazione eucaristica presieduta nel Santuario dal cardinale Robert Sarah e partecipata da numerose autorità civili e religiose, tra cui il Sindaco e il Rettore del Santuario, e dal popolo di Dio convenuto dalla Diocesi di Lamezia Terme e da diversi paesi della Calabria.

 

Il Quadro Divino è da considerarsi la più antica e preziosa immagine della Vergine Maria esposta al culto nel Santuario di Conflenti. 

Narra la tradizione che il 9 luglio 1581, nel tempio di Visora, fu rinvenuto un quadro su tela dipinto da mano misteriosa, con una dolce e tenera immagine di Maria col bambino, rispondente alla descrizione dei veggenti. 

Le autorità civili e religiose del tempo avevano consultato diversi pittori di una certa fama perché si eseguisse un dipinto che riportasse fedelmente le sembianze della Vergine apparsa più volte a Conflenti.  

La scelta era ricaduta sul messinese Muzio Roblani, che dapprima, con grande scrupolosità, volle ascoltare i testimoni oculari per farsi dire con dovizia di particolari come era l’immagine presentata loro durante le apparizioni. 

Poi volle riflettere un po’ sulla descrizione, e quindi, il 9 luglio, di buon mattino dopo aver illustrato ai cittadini come intendeva raffigurare l’immagine santa, con alcuni conflentesi che volevano assistere all’esecuzione dell’eccezionale opera pittorica, si avviò verso la chiesa. 

Vi giunsero, entrarono, e indescrivibile fu la loro sorpresa quando si accorsero che una bellissima Madonna, a mezzo busto, maestosa, col bambino tra le braccia, era già dipinta.

Con immenso stupore contemplarono l’immagine: la Madonna era coperta da un manto azzurro, mostrava scoperti il volto e le mani. La veste purpurea dava maggior risalto al volto modesto e grave, accarezzato da ambo le parti dai capelli biondi e reso più arcano dalle ciglia nere, le pupille scure e le labbra rosso porpora. Dalle mani pendeva un lino bianco e il bambino, ricoperto da una veste di bisso e porpora, benediceva con la mano destra.

Da allora il Quadro Divino, collocato in una apposita nicchia sopra l’altare maggiore, iniziò a essere venerato, anche se inizialmente venne protetto con solenne drappeggio che veniva aperto solo in occasione della festa.

Il mistero del Quadro Divino continuò ancora con un altro segno miracoloso riportato dalle “Sacre memorie”: il primo sabato di ottobre 1726 i cappellani entrando nel Santuario per celebrare la messa, videro una luce che a forma di stella usciva dal Quadro, coperto da un drappo. il fenomeno luminoso rimase manifesto a tutti per otto mesi.

Il papa Pio VI, il 4 luglio del 1782, con un Pontificio Rescritto attribuì al vescovo di Nicastro, Francesco Paolo Mandarano, l’incarico di procedere, personalmente o per sua delega ad altra persona costituita in dignità vescovile, all’incoronazione della Vergine e di Gesù bambino rappresentati nel Quadro Divino.

Il 31 agosto 1783, domenica della festa si procedette all’incoronazione del Quadro Divino, mediante applicazione delle due corone auree a suo tempo trasmesse dal Capitolo Vaticano, avendo cura che nel retro della tela fossero apposti i sigilli vescovili. Gli autori delle due corone furono due orafi romani molto famosi, i fratelli Giuseppe e Bartolomeo Boroni.

Il 9 giugno 1894, il vescovo Domenico Maria Valensise, nel corso della visita fatta al Santuario, accertò che i sigilli delle corone erano intatti.

Oggi il Quadro Divino sormonta l’altare maggiore, incastonato in una cornice dorata nel ripiano più alto, come per avere la totale visione della navata e viene solennemente portato in processione la seconda domenica di agosto in occasione della Festa dell’Emigrato.

Il Vescovo Cantafora ne ha voluto fortemente una copia e l’ha commissionata all’artista Nathanael Theuma. L’opera, riproduzione alquanto fedele dell’originale, realizzata seguendo la tecnica dell’icona è custodita all’interno della Cattedrale di Lamezia.

                                                      Descrizione del Quadro 

Il linguaggio iconografico del dipinto non è riscontrabile in un prototipo specifico in ambito costantinopolitano così come avviene per tutti i più famosi modelli iconografici. Ci sono delle somiglianze con l’Achiropita venerata nella cattedrale di Rossano (X secolo), con la Salus Popoli Romani nella basilica di Santa Maria Maggiore e con l’affresco di santa Maria Antiqua (VII sec.). L’icona mariana di Conflenti è stata fatta risalire ad una variante dell’Odigitria o ad una sua rappresentazione primitiva. In realtà però, poiché la Vergine Maria non indica il Figlio, ma è piuttosto il Bambino Gesù che guarda e indica la Madre, si esclude questa possibilità e si preferisce classificarla quale “Madonna dalle mani incrociate”, riscontrabile in ambito bizantino, come ad esempio è raffigurata nella cupola della chiesa della Dormizione a Nicea del X secolo. 

La Vergine, che è in posizione eretta, richiama lo stare di Maria ai piedi della croce. I suoi occhi segnano il punto di convergenza delle linee compositive dell’opera. Spalancati sul mondo sembrano scrutare le necessità dei suoi figli e commuoversi per i loro affanni. La compostezza della figura riprende elementi specifici dell’abito cerimoniale della Basilissa bizantina.

Il manto decorato e impreziosito con piccoli globi dorati formanti una croce, la posizione frontale e il fazzoletto nella mano sinistra, sono attributi provenienti da un’antica iconografia regale. Le mani incrociate suggeriscono di consegnare, come Lei, la nostra vita al Padre, sapendo che Dio prima di noi ci ha donato suo Figlio per la nostra salvezza. Le due dita della mano destra, lunghe e distaccate indicano la doppia natura, umana e divina, del Figlio, e, nello stesso tempo, formano, con il pollice che resta nascosto, un riferimento alla comunione trinitaria. La mano sinistra, invece, stringe il fazzoletto di lino bianco, che oltre ad essere un segno della regalità, di cui Cristo l’ha rivestita, indica il pianto di dolore versato per la passione del Figlio. Il pollice sinistro sollevato verso l’alto vuole indicare il gesto di chi sceglie la vita e non la morte: il peccatore può sempre sperare nella salvezza. Questi elementi insieme alla tunica rosso porpora, alla tonalità scura del mantello, al volto che lascia trasparire un velo di tristezza, portano il fedele che osserva l’icona a rivivere i sentimenti di Maria durante la passione del Figlio suo (cf. Lc 2,35). A rafforzare tale idea vi è, inoltre, il fatto che per diversi anni la festa del Quadro Divino è stata celebrata nel sabato antecedente la domenica di Passione, periodo in cui la chiesa latina, prima della riforma liturgica ricordava i sette dolori della Vergine. 

Dalla lettura dei segni iconografici del Figlio si possono cogliere alcuni aspetti: lo stile di obbedienza (cf. Fil. 2,8), le gambe incrociate che indicano l’abbandono filiale all’amore del Padre, la mano sinistra che sorregge il libro della Parola, gli occhi protesi verso la Madre, la mano destra benedicente che ci riporta al testamento di amore che Gesù consegna dall’alto della croce (cf. Gv. 19, 26–27).

 

Le edicole votive o cappelle campestri, più note come cone, rappresentano una radicata testimonianza della grande cultura religiosa del nostro paese, in particolare del culto mariano. 

Le più famose e antiche in ordine temporale risalgono alla fine del ‘500 quando, in località Serra Campanara e Cona degli Augurelli, furono costruite per ricordare le apparizioni della Madonna.
La loro presenza si è poi diffusa nelle frazioni agricole in corrispondenza al fenomeno stanziale degli insediamenti.

Le cone di Maria, dedicate alla Vergine nel secolo delle apparizioni, sono dunque le prime edicole in ordine di tempo costruite sul nostro territorio.

In località Serra Campanara ne rimangono ancora tre: una proprio accanto alla chiesetta, l’altra recentemente protetta da una vetrata, conserva la famosa pedata della Madonna, ormai poco visibile a causa delle intemperie e dello strofinio ripetuto delle mani dei fedeli e infine La Cona degli Augurelli, costruita alla fine del ‘500, nel luogo della seconda apparizione in località Cona, è situata poco sopra la chiesetta del Carmine.

 

L’edicola più grande, edificata nel luogo della prima apparizione, fu demolita nel 1864 per costruire la Chiesa della Querciola, che recentemente padre Nathanael ha trasformato in uno scrigno d’arte dipingendo le pareti con la storia dei miracoli e riproducendo, dietro l’altare, la scena dell’apparizione sul tronco residuo del ciliegio su cui comparve.

Negli anni ’90, per iniziativa del Rettore del Santuario, sul sentiero della fiaccolata mariana che collega la chiesetta della Querciola e il paese, è stato istoriato il percorso della “Via Crucis” con 15 pannelli in bassorilievo, opera dell’artista M. Carnevali.

La festa solenne della Madonna della Quercia è fissata all’ultima domenica di agosto.
È’ la festa simbolo del paese, la ricorrenza di cui ogni conflentese non può fare a meno, che sia credente o meno.

La festa è preceduta dalla celebrazione della novena e da un mese di preparativi, con alcuni eventi come la fiaccolata e l’incoronazione particolarmente sentiti e partecipati. La sera della vigilia, è tradizionale in chiesa la santa veglia, con la partecipazione di paesani e forestieri che per voto fanno a nuttata.
Un tempo il venerdì era usanza fare a jurnata fermandosi in chiesa a cantare da mattina a sera.
La giornata più importante è ovviamente la domenica: si celebrano in continuazione funzioni liturgiche a cui prendono parte migliaia di pellegrini. Alle 10,30 c’è la Messa solenne officiata dal vescovo nel corso della quale il Sindaco offre il cero votivo alla Madonna; quasi un ringraziamento in forma ufficiale da parte del Capo del paese per la particolare protezione che la Vergine garantisce al popolo conflentese.
Alle 17 ha inizio la processione solenne a cui partecipano il clero, le autorità civili e militari e una enorme folla. L’imponente processione si snoda per le vie del paese e la devozione della gente a volta sconfina nel fanatismo, ma resta pur sempre espressione sincera di un sentimento genuino.

Terminata la processione la statua rientra in chiesa e la festa religiosa si conclude tra la commozione generale mentre continua all’esterno quella civile.
Momento particolarmente toccante è quello della ricollocazione della statua nella nicchia dell’altare maggiore il lunedì successivo. Il Santuario si riempie di nuovo e tutti cercano di sfiorare la statua- si fa – quasi fatica a staccarne lo sguardo. Quando i volontari prendono il bambinello, lo affidano alle suore e si sostituisce la corona, l’emozione travolge tutti, finisce la festa, finisce l’anno dei conflentesi.

Non tutti sanno che negli anni immediatamente successivi alla costruzione del tempio, e precisamente per 25 anni, la festa si celebrò il 25 giugno. In seguito si stabilì che il dì festivo e solenne dedicato alla Vergine fosse spostato all’ultima domenica di agosto, perché in giugno la gente era occupata nelle campagne con la raccolta delle messi e non riusciva a partecipare alle funzioni religiose. Dal 1607 i festeggiamenti si tengono l’ultima domenica di agosto
Nei secoli passati poi la processione si svolgeva con solenne fiaccolata nel cuore della notte, fin quando per motivi di ordine pubblico, Ferdinando IV Re delle Due Sicilie, proibì la manifestazione notturna.
L’origine della fiera è anch’essa molto antica, a sottolineare l’importanza che man mano aveva acquistato la festa della Madonna della Quercia di Visora. Nell’anno 1695, il re Carlo II stabilì che intorno al Santuario, si poteva posizionare un mercato per un periodo di tre giorni subito dopo estesi ad altri sei da Carlo III.

Nacque così la Fiera di Visora, che aveva una importanza enorme e veniva ufficialmente aperta dall’agente baronale al suono dei tamburi.
Partecipare alla Fiera era un privilegio di cui non tutti godevano. Quelli della Fiera erano non solo giorni in cui si compravano e vendevano prodotti, ma erano anche un momento particolare nel quale si davano appuntamenti per i pagamenti dei fitti tra i locatari e i proprietari dei terreni e si pagavano i censi che scadevano.
La festa della Madonna non si festeggia solo a Conflenti ma in molte parti del mondo. Le comunità di conflentesi sparse per il mondo, che hanno radici ben salde nel paese natio, per mantenere vivo questo legame hanno riproposto la festa in onore della nostra Madonna nelle loro nuove città.

E così, a Buenos Aires in Argentina, Sidney e Melbourne in Australia, Toronto in Canada ma anche a Borgo Ticino in nord Italia, in contemporanea con la nostra festa, si vivono le stesse emozioni che viviamo noi in paese.
In questo giorno, tutti i conflentesi del mondo, seppur molto lontani gli uni dagli altri, si sentono parte di una unica grande comunità.
Uniti in un unico grande abbraccio, attraverso monti e oceani, tutti con gli occhi lucidi e con il cuore pieno della stessa identica commozione.

San Nicola è la chiesa più antica del paese. Lo testimonia un documento dell’Archivio Vaticano del 30 Marzo 1446, in cui il Papa Eugenio IV dava disposizioni al tesoriere della Curia di Martirano per la nomina di un cappellano nella chiesa di San Nicola “dei casali dei Conflenti Soprani”, rimasta vacante per la morte del titolare.

Verosimilmente la sua costruzione risale ai secoli precedenti così come il sorgere di una comunità nelle sue vicinanze. Diversi indizi portano a pensare che originariamente fosse un piccolo cenobio basiliano*, intitolato a San Nicola di Mira, uno dei tanti sorti tra il IX e X secolo sotto la spinta delle incursioni saracene, che costrinsero molti monaci a cercare riparo nelle aree interne, in punti particolarmente suggestivi e riparati. In seguito con la conquista normanna della Calabria (a partire dal 1050), questi cenobi greci e bizantini furono latinizzati e la stessa sorte toccò pure al piccolo cenobio di San Nicola, che divenne chiesa latina sotto la giurisdizione del Vescovo di Martirano.

Col passare degli anni l’importanza di questa chiesa crebbe a tal punto che già nel corso del 1500, la chiesa di San Nicola, risultava essere la “matrice” di tutte le altre chiese, rivestendo un ruolo molto importante in tutta quella vasta area del Reventino che comprendeva anche i villaggi di montagna.

A ribadirne l’importanza ancora nel 1839 il parroco della parrocchia, don Francesco M. Stranges, risultava essere procuratore speciale di D. Guglielmo Winspeare di Napoli, abate commendatario dell’Abbazia dei Santi Quaranta Martiri del Mitoio in territorio di Sambiase. Questa Abbazia era proprietaria di tantissimi terreni e beni in tutta l’area del Reventino e del Mancuso.

La chiesa sin dalle origini e fino agli inizi dell’Ottocento fu utilizzata come cimitero; i cadaveri, avvolti in un lenzuolo, venivano seppelliti sotto il pavimento della navata centrale.

A partire dalla fine dell’Ottocento, San Nicola pur restando centrale nella vita di Conflenti Soprani, perse sempre più d’importanza.
Agli inizi del Novecento, la chiesa, a causa di gravi dissesti idrogeologici e a seguito di alcune scosse di terremoto che provocarono impressionanti lesioni ai muri portanti, al tetto e ai pavimenti, fu più volte chiusa al culto.

Nel 1941, in seguito ad un’alluvione, fu abbandonata a causa di una paurosa frana che la rendeva pericolosa. Poi nel 1948, beneficiando di una legge per le alluvioni, con un contributo di otto milioni da parte del Provveditorato delle Opere Pubbliche di Catanzaro e con le generose offerte dei parrocchiani fu rimessa completamente a nuovo, arricchita di marmi e di un artistico altare maggiore. Nel 1962, in seguito a un terremoto, crollò parte del soffitto e i muri portanti subirono gravi danni e crepe tali da sconsigliarne l’uso, e infatti, con ordinanza del Genio Civile, fu immediatamente chiusa al culto.
Le statue e gli arredi più importanti furono trasferiti nella vicina chiesa della Madonna di Loreto.

Da un punto di vista architettonico, la costruzione della chiesa, in stile classico, rimanda alla fine del Quattrocento. È a tre navate con ampio presbiterio.  Nelle navate laterali vi erano ubicate cinque cappelle: quelle della Madonna del Rosario, del Sacro Cuore, di Santa Lucia, delle Anime del Purgatorio, del SS Sacramento.

Dopo anni di completo abbandono, nel 2021, la chiesa, passata di proprietà al Comune, sembra destinata ad un’importante opera di riqualificazione e seppure in altra veste si auspica torni a diventare centrale nella vita della comunità.

La Chiesa di San Nicola ha sempre avuto una funzione fondamentale nella conservazione della specifica identità culturale degli abitanti di Conflenti Soprani. Essa ha rappresentato fino alla seconda metà dell’Ottocento l’elemento principale d’unione degli abitanti della zona.


*La “cripta” è con ogni probabilità una costruzione molto più antica ed estesa della Chiesa stessa, utilizzata in precedenza come cimitero.

 

La Chiesa di Sant’Andrea è una delle chiese più importanti di Conflenti, in quanto dedicata al santo che fino a poco tempo fa è stato il Patrono del paese. 

A questa Chiesa costruita sul finire del ‘500 e definitivamente consacrata nel 1741, fa capo la parrocchia di Conflenti Sottani istituita nel XVII secolo.

Nel 1905 l’edificio fu parzialmente distrutto dal terremoto e riaperto al culto solo un decennio più tardi. Prima del terremoto l’altare maggiore era in legno, sormontato da tre nicchie: nella nicchia centrale (la più grande) erano poste le statue di San Giuseppe e della Madonna del Rosario, con S. Caterina e S. Domenico mentre in quelle laterali erano poste le statue di S. Andrea e San Francesco. Nella navata centrale vi erano quattro altarini al di sotto delle attuali quattro nicchie.

Il restauro completo fu però ultimato solo nel 1958 e in quella occasione furono eseguiti anche dei pregevoli affreschi del pittore Pignatari raffiguranti episodi Evangelici della vita di Sant’Andrea.

Oltre a questi importanti dipinti, tra i beni di pregio presenti all’interno della chiesa, va sicuramente menzionato il prezioso tabernacolo marmoreo proveniente dall’Abbazia di Santa Maria di Corazzo che Conflenti riuscì a ottenere dopo lo smantellamento della stessa avvenuta nel XIX secolo.

La Chiesa è ubicata nella parte bassa e storica di Conflenti Sottani, alla fine della discesa   ‘d’u Piru e al centro di una suggestiva piazzetta.
La facciata principale in stile neoclassico è caratterizzata da un prestigioso portale lapideo con arco a tutto sesto fiancheggiato da lesene scanalate che reggono una trabeazione con decorazioni a dentelli e girali.

Sul portale un’icona che ospita un altorilievo raffigurante Sant’Andrea con la sua croce dietro le spalle racchiusa tra una cornice, ai lati due monofore strombate che proiettano la luce all’interno. Ai lati della facciata quattro alte lesene, due per lato, che sostengono un ampio timpano. Molto bello anche il portale laterale in pietra scolpita.

All’interno l’aula liturgica è suddivisa in tre navate con abside quadrato di grande pregio artistico. Sull’altare maggiore, oggi in marmo, in una grande nicchia, l’imponente statua lignea del Santo, del 1714. Nelle nicchie e teche laterali sono custodite le statue di Sant’Antonio di Padova, Santa Liberata, San Francesco e San Giuseppe e una croce con il Cristo morto, simulacro usato per la rappresentazione sacra del Venerdì Santo.

La vasca battesimale è in metallo dorato sorretta da un fusto marmoreo. In collegamento con l’abside si trova la sacrestia, con gli armadi e gli archivi parrocchiali. Lateralmente sono posizionati due confessionali in castagno.
Salendo per l’irta scala laterale, si arriva al piano alto della chiesa dove l’antico organo, dalla balconata, si erige per la magistralità delle sue lunghe canne, sin quasi al soffitto. Lo strumento ha due tastiere e una pedaliera dritta, a trasmissione integralmente meccanica ed è inserito all’interno di una cassa lignea in stile neoclassico. Collocate appena al di sopra delle teste dei fedeli si trovano le formelle raffiguranti la Via Crucis, numerate in caratteri romani e dotate ognuna di uno specifico impianto di illuminazione.

Negli anni ‘90 l’imponente e pesante statua del vecchio Patrono è stata oggetto di un’importante opera di restauro da parte della Sovraintendenza delle Belle Arti e il ritorno, a lavori conclusi, fu salutato con grande commozione dalla comunità dei fedeli. La struttura è anche dotata di una piccola casa non abitabile, lasciata in eredità dal parroco Don Stefano Stranges.

Una tradizione popolare descritta nel libro delle Sacre Memorie di Carlo Montoro e tramandata oralmente dal secolo XVII, narra che san Francesco di Paola (1416-1507), passando un giorno da Conflenti, si sia fermato in preghiera ai piedi della Quercia di Visora, presso l’omonimo crocevia, e abbia predetto, in anticipo di un secolo, la costruzione in quel luogo di un tempio dedicato alla Vergine Maria che sarebbe col tempo diventato molto importante.
Come segno esteriore della profezia avrebbe fatto impiantare il calvario successivamente indicato come “le Croci di Visora”, che è tutt’oggi visibile salendo da Santa Maria verso la fontanella delle “Destre”.

Ecco cosa afferma il testo delle Sacre Memorie: “È costante universale tradizione tra quei cittadini, che passando un dì per Visora il grande Eroe della Cattolica Chiesa S. Francesco, e colà pervenuto fermossi alquanto, e dopo aver con occhio cupido e fisso attentamente mirato un albero di Quercia, che ivi sorgea, quasi in estasi rapito, si rimase per alcuno spazio in orazione profonda: riscosso finalmente da quel dolce, spiritual contento, tutto fuoco nel volto, e di soave ardor ripieno, rivolto ai pii devoti che in folto stuolo teneagli riverente compagnia, cominciò ad esortar tutti, che un Calvario, cioè tre Croci in quel luogo impiantassero ove il peregrin divoto, dal viaggio solea ivi prender agiato riposo, potesse divin mistero di nostra Redenzione adorar………Indi da profetico spirito mosso, loro in chiare note predisse: che un tempo verrebbe, che in onor di Dio e della sua gran Vergine Madre Maria un Tempio sarebbesi in quel luogo eretto…”
Anche se tale tradizione orale, inserita nel manoscritto anonimo delle Sacre Memorie, non trova riscontro nelle più importanti pubblicazioni riguardanti la vita del santo che non riportano notizie in merito, il passaggio del grande santo calabrese dal crocevia di Visora è molto probabile.

La strada che saliva da Martirano era, infatti, l’unica che avrebbe potuto percorrere un qualsiasi viandante proveniente dalla litoranea tirrenica o dall’antica via Popilia per andare presso l’illustre monastero Cistercense di Santa Maria del Corazzo, in cui fu abate Gioacchino da Fiore nel XII secolo.

E anche la presenza così forte e radicata del Santo di Paola nella nostra comunità ci induce a pensare la stessa cosa.
Del resto, a riprova che tale tradizionale memoria era ben radicata nella popolazione, basta considerare che nello stemma settecentesco dell’università di Conflenti Sottani, erano rappresentati in orazione ai piedi della quercia sia S. Andrea Apostolo che San Francesco di Paola.

Inoltre, dallo “Stato delle Università di Conflenti Soprani e Sottani”, approvato il 20 Aprile 1742 e relativo alla gestione municipale, si rileva che, oltre alla festa dei rispettivi Santi Patroni (San Nicola e Sant’Andrea), entrambi i Casali di Conflenti celebravano quella di S. Francesco di Paola.

Il 7 giugno 1578 la Madonna apparve per la prima volta al pastorello Lorenzo Folino su una grande quercia della collinetta di Serra Campanara poco distante da Conflenti. La notizia della straordinaria apparizione si diffuse tra tutta la popolazione di Conflenti e dei paesi vicini e la località divenne ben presto meta di pellegrinaggi e luogo di culto.

Per rendere omaggio alla Vergine sul finire del ‘500 vennero costruite alcune edicole sacre; una di esse racchiude un grosso sasso levigato che si dice contenesse una pedata della Madonna. Oggi l’impronta non è più visibile in quanto le intemperie e lo strofinio ripetuto delle mani dei fedeli, come segno di devozione, l’hanno completamente erosa.
La più grande di queste edicole, nel 1864, fu demolita e al suo posto venne costruita una chiesetta grazie al forte interessamento del notaio Antonio Maria Vescio e del cappellano don Luigi Stranges.
Il notaio, in questo modo, intendeva ringraziare la Vergine di Visora per la sua miracolosa guarigione da una brutta malattia, avvenuta proprio nel giorno della festa della Madonna.
Per compiere la sua opera acquistò, con atto pubblico debitamente trascritto, tutto il terreno intorno alla quercia dov’era avvenuta la prima apparizione e si fece promotore di una raccolta di offerte che ebbe un buon successo e permise ben presto di dare avvio ai lavori.

Il 18 maggio di quello stesso anno il vescovo, Mons. Giacinto M. Barbieri, benedì la prima pietra della nuova chiesa. L’intenzione del notaio era quella di costruire anche un romitorio, purtroppo il suo rimase solo un sogno e anzi il notaio non riuscì a completare neanche la costruzione della chiesetta.
Per quanto riguarda la grande quercia su cui era apparsa la Madonna, essa fu venerata fino alla sera del 21 Luglio 1921, cioè fino a quando un incauto passante, accendendo un fuoco nelle vicinanze dell’albero, ne provocò la distruzione. Dal paese accorse molta gente per spegnere il fuoco, ma ogni sforzo fu inutile: non si riuscì a salvare la pianta. Alcuni rami e parte del tronco furono conservati all’interno della chiesa.

Dopo parecchi decenni di completo abbandono, nel 1958, grazie all’interessamento di alcuni conflentesi, tra cui Donna Peppina Butera, Donna Rosina Roberti, Peppe Calabria e Alessandro Paola e con il contributo di generose offerte specialmente dagli emigrati, si ripresero i lavori di completamento del sacro edificio.
Nel 1968 la chiesetta venne finalmente completata. Fu rifatto il tetto a regola d’arte, ripresa la facciata, fu ricostruito il campanile dotandolo di una bella campana e, inoltre, fu spianato tutto il terreno su cui sorgeva la quercia dell’apparizione della Madonna.
A completamento di questa importante opera di restyling del luogo, negli ultimi anni la chiesa è stata  portata a nuovo e mai visto splendore dall’opera di un artista  maltese, Nathanael Theuma, attirato a Serra Campanara dalla bellezza e sacralità del  posto.

L’ artista maltese, col contributo volontario di maestranze locali, ha completamente cambiato il volto della chiesa, ristrutturando la facciata e il sagrato in pietra e rifacendo a nuovo tutti gli interni.
Le pareti sono state affrescate dallo stesso con dipinti bellissimi raffiguranti vari momenti della vita della Madonna e di Gesù.
Sempre lui è autore dello spettacolare colpo d’occhio dell’abside, in cui una Vergine Maria splendente troneggia sulla quercia dov’è apparsa la prima volta, in un’opera strabiliante in cui i resti dell’albero si intrecciano magnificamente col dipinto.

La chiesa è diventata, grazie all’opera di questo artista, un’oasi di pace di assoluta bellezza, uno splendido scrigno fra i tesori di Conflenti.
La facciata principale presenta un portale con arco a tutto sesto e al di sopra una finestra per illuminare l’aula, termina con il timpano. Sulla destra si eleva il campanile su due livelli. L’interno è a navata unica con abside semicircolare, a dividere i due ambienti l’arco trionfale ribassato.
A ricordare la prima apparizione della Madonna, da tanto tempo ormai, il 2 luglio si celebra in loco una festa molto sentita dalla comunità.

Inoltre dal 1988, la penultima domenica di agosto, si svolge, per iniziativa fortemente voluta dall’attuale rettore del santuario, sac. don Adamo Castagnaro, una suggestiva e spettacolare fiaccolata notturna che, partendo dalla chiesetta e attraversando tutte le stazioni di una bellissima via crucis, abbellita da 15 stazioni con pannelli in bassorilievo realizzati dall’artista M. Carnevali, si conclude al santuario di Conflenti.La bellissima fiaccolata, che dal paese e dintorni si lascia ammirare con un colpo d’occhio meraviglioso, è ormai uno degli appuntamenti fissi e più sentiti del mese mariano.

Sabato 25 marzo 2017, nel giorno della solennità dell’Annunciazione del Signore, alla presenza di centinaia di fedeli, del Sindaco, di autorità civili e religiose, del Vescovo Cantafora, del Rettore della Basilica della Madonna di Visora insieme a tanti sacerdoti della diocesi di Lamezia, è stato finalmente inaugurato il Monastero “Santa Maria delle Grazie e della Misericordia di Conflenti.
Una struttura imponente, maestosa, bellissima, che regna sulla collinetta della “Querciola”, luogo già scelto dalla Vergine nel 1578, quando apparve ad un pastorello per indicare il luogo di Visora dove voleva sorgesse un Tempio a lei dedicato.

Dopo oltre dieci anni di lavoro e preghiera è stato dunque portato a termine il progetto fortemente voluto dal Vescovo Cantafora, che nel segno della continuità della sua vocazione, realizza il grande desiderio di Conflenti: essere un luogo di preghiera, la cittadella di Maria.
Nelle intenzioni del Vescovo, che ha dimostrato ancora una volta il suo grande attaccamento a Conflenti, questo luogo dovrà diventare “il grande polmone spirituale della Calabria, un luogo di riferimento a livello regionale: un luogo di bellezza, silenzio, preghiera”.
Il lungo iter progettuale aveva avuto inizio nel 2004, quando il Vescovo, aveva dato incarico a tre architetti di progettare la ristrutturazione della foresteria e poi del Monastero.
Alla fine di quell’anno erano iniziati i sopralluoghi sul posto ed erano stati avviati i contatti con le suore per trovare le soluzioni adeguate alla loro vita religiosa, indirizzate alla spiritualità francescana fatta di forme semplici e materiali naturali come legno e pietra; il tutto per far emergere la bellezza come segno di armonia con il creato.

A distanza di un anno i lavori della Foresteria, completi di rifiniture interne ed esterne erano già conclusi, grazie alla generosità dei fedeli e soprattutto al lavoro portato avanti e seguito in prima persona da Don Adamo.
Da lì a breve, dopo aver ottenuto tutte le concessioni necessarie e fatte tutte le indagini dovute, erano iniziati i lavori di costruzione del Monastero. Seguendo le indicazioni delle monache, incontrate di nuovo ad Assisi, erano state definite le linee progettuali, fondate su tre punti:
1 il luogo delle apparizioni, infatti l’abside della Chiesa guarderà verso la croce;
2 la conseguente ubicazione del Monastero adiacente e comunicante con la Chiesa;
3 il Chiostro, quadrato molto ampio.

Il monastero oggi si presenta con una struttura su quattro livelli pensata e costruita in grande, attorniata dalla bella foresteria.
Sebbene sia di clausura, ecclesiasticamente riconosciuto, vi figura anche una cappella interna aperta al pubblico, in quanto le suore restano dall’altra parte della grata.
L’interno ha tutte le comodità per garantire una vivibilità di qualità, tra cui un imponente chiostro quadrato e oltre 25 celle singole.