Carlo Maria Tallarigo nasce a Motta Santa Lucia, il 2 luglio 1832, da Francesco e Maria Antonia Volpe. Compie la formazione scolastica di base proprio a Conflenti, paese del padre. Poi, prosegue gli studi presso il seminario vescovile di Nicastro. Primo snodo cruciale che ha contribuito a formulare il suo pensiero, visto che qui plasma la sua ideologia politica liberale e il suo consenso all’unificazione nazionale. In una classe peraltro niente male. Tra i compagni figuravano, infatti, intellettuali quali il sacerdote Pietro Ardito e il filosofo sambiasino Francesco Fiorentino.

Nel 1848 partecipa da volontario alla battaglia dell’Angitola. Tornato in seminario diventa professore di umanità e viene nominato canonico del Capitolo della Cattedrale di Nicastro.

 

Il clero nicastrese di quegli anni

Parentesi fondamentale: il clero nicastrese era un unicuum in Calabria, in quanto all’esperienza che garantiva. Questo perché, fin dal 1700, si era aperto alle idee illuministe e liberali ed ebbe esponenti di spicco nelle locali sette carbonare o massoniche. Spingevano sia per l’Unità nazionale, sia per un progetto di riforma della Chiesa. Secondo la loro visione, quest’ultima doveva essere più evangelica, povera, vicina ai deboli, spoglia dei privilegi e del governo temporale. Capirete bene perché nel 1848 e, maggiormente nel 1860, quando vi erano 130 seminaristi, il grosso di loro andò volontario a sostenere il movimento unitario con Stocco e, poi, Garibaldi.

 

La marcia garibaldina, l’insegnamento e la morte

Bene, torniamo a Tallarigo. Coerentemente con quanto creduto e insegnato, nel 1860 non esita all’abbandono della docenza nel seminario a favore della marcia dell’Eroe dei due Mondi, culminata con la battaglia del Volturno (26 settembre – 2 ottobre 1860). Per evitare situazioni simil-Tallarighiane, quindi ulteriori adesioni clericali al movimento garibaldino, il vescovo Barbieri decide di chiudere il seminario per tre anni. Carlo Maria Tallarigo, Ardito e Fiorentino si vedono costretti a svolgere, allora, esami suppletivi, al fine d’insegnare a Spoleto. Il nostro si concentra su lettere greche e latine in un liceo. Tuttavia, l’arcivescovo Giovanni Battista Arnaldi, di idee reazionarie e illiberali, lo sospende “a divinis”.

Nello stesso anno Tallarigo si sposta a Napoli dove, nella chiesa di Santo Spirito, il 26 settembre, declama il famoso Discorso politico seguito da un appello al clero delle Calabrie.

L’invito, ai sacerdoti dell’ormai ex Regno delle Due Sicilie, a convincere il popolo a votare sì all’annessione al nuovo regno Italiano. Secondo Tallarigo, infatti, l’epopea risorgimentale era stata voluta da Dio, servitosi di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi, che con la loro azione politica avevano aiutato anche la Chiesa a riflettere su se stessa. Come? Facendole capire di spogliarsi delle ricchezze terrene e occuparsi della salvezza delle anime e, contemporaneamente, di non temere le accuse dei preti conservatori.

Stancatosi dei vincoli ecclesiastici, Tallarigo decide di abbandonare il sacerdozio e sposa Alda Carosio. Trasferitosi a Napoli, insegna in licei pubblici e privati. Partecipe attivo della vita culturale partenopea, collabora in veste di redattore capo per i giornali di Francesco Fiorentino. Autore di diversi libri, tra cui il Compendio della Storia della Letteratura Italiana in tre volumi (1879). Muore a soli 57 anni il 7 dicembre 1889.

(tratto da conflenti.italiani.it)