Emanuele Caruso, figlio di Guglielmo, nacque a Conflenti l’8 ottobre del 1845.

La famiglia, benestante, aveva proprietà terriere in molte zone di Conflenti; ai genitori perciò non fu difficile far studiare Emanuele che a Cosenza conseguì la “Patente normale superiore, l’equivalente dell’attuale diploma magistrale nel 1870.

Finiti gli studi, Emanuele cominciò regolarmente a insegnare nel suo paese natale.

A quei tempi l’anno scolastico era di dieci mesi, da ottobre ad agosto e l’insegnamento quotidiano durava cinque ore, suddivise in due turni: l’una antimeridiana l’altra pomeridiana. La scuola, mancando una vera e propria sede, era a Conflenti Inferiore ,nel palazzo Talarico nei pressi della fontana di San Giovanni.

Essa fu intensamente e costantemente frequentata, contando non meno do ottanta ragazzi, tanto che si pensò di sdoppiarla.  Il 10 agosto del 1881 Emanuele sposò la maestra Pasqualina Villella di Castagna, ma di origine conflentese; di 16 anni più piccola, da cui avrà nove figli, purtroppo quattro morirono in tenera età. Anche lei insegnò a Conflenti. La  scuola femminile da lei gestita era a Conflenti Soprani, a largo Pianetto, nella stessa abitazione dei Caruso.

Anche se la situazione delle scuole a Conflenti faceva orrore a causa della cattiva amministrazione da parte del Municipio, come scrisse nella sua relazione il Delegato Regio al Prefetto, “l’opera del maestro Caruso era davvero encomiabile, e i suoi alunni progredivano nella via del sapere”.

 Numerosi ingegni si formarono alla sua scuola, primo fra tutti l’ingegnere Vittorio Butera, che al suo maestro dedicò una poesia, “Tuarnu ara scola” ricordandone la figura di educatore.

Il progresso culturale dei suoi alunni, i registri, le lettere dei suoi alunni e tanti altri documenti, ci testimoniano l’opera indefessa svolta dal grande maestro che non a caso segna una pietra miliare nella crescita culturale del paese.

Con i suoi 40 anni di insegnamento fece della sua professione una missione, fu insignito della medaglia d’oro per i suoi meriti e fu per molti anni anche Procuratore del Santuario di Visora, delicata carica, che svolse con scrupolo e laboriosità.

Quando morì nel luglio del 1916, i suoi funerali furono imponentissimi. Vi prese parte tutto il paese, scrisse un giornale dell’epoca, e la sua bara fu portata a spalla dai suoi studenti.

Al corteo interminabile presero parte le Scuole, le Confraternite, il Clero, la musica, il Municipio, i Circoli di riunione, la Società Operaia, il Consorzio Agrario e tutto il popolo e tutte le autorità eressero applauditissimi discorsi.  

 

  da “Racconto Conflenti” di Giuliana Carnovale