“‘A putiga ‘e Giuanni Adinu”
Tanti anni fa, le botteghe a Conflenti, indicate di solito coi nomi dei proprietari, non erano semplici negozi: erano qualcosa di più, non solo gran bazar pieni di roba.
Oggi facciamo un giro, sospeso tra fantasia e realtà, nella storia della putiga ‘e Giuanni Adinu.
‘A putiga
In bella vista nel suo negozio le forme di formaggio, mucchi di olive nere salate ed enormi barattoli di olive verdi in salamoia, uova accatastate ancora nel grande paniere, la gabbietta di frutta e verdura cresciuta all’aria buona della sua campagna era proprio lì, accostata al muro della bottega. La porta era di legno con un buco della serratura grosso come una finestra per farci girare dentro una chiave di ferro che poteva aprire una chiesa. Una targhetta in latta del Cynar sospesa da un pezzo di spago sosteneva la licenza ingiallita. Attaccati a un gancio, tre palloni che duravano il tempo di un lancio perché puntualmente, dopo una rovinosa caduta fra i rovi, si sgonfiavano miseramente.
Così curiosa osservavo romantiche bambine vestite in pizzo e altre con grandi fiocchi nei capelli raffigurate nei contenitori di latta che contenevano fermagli e ferretti d’osso e plastica sulla destra entrando. E, dietro, tanti ripiani di legno, tutti guarniti di tela bianca in ognuno dei quali era riposta un diverso formato di pasta. Ma anche prodotti in scatola, i primi dadi Knorr e doppio Brodo Star, la zona dei biscotti, del caffè in grani, l’orzo (Tre Gobbetti), miscele (miscela Leone), citrato, bustine effervescenti (Frizzina, Idrolitina). La statua della Madonnina regnava sulle bottiglie di liquori come il vermouth, la marsala, il “Millefiori” (giallo con il rametto con lo zucchero cristallizzato), l’alchermes, il Cynar, il Bianco Sarti, l’Aperol, il Rosso Antico, il Fynsec (ti dà la carica!). Poi i primi brandy, come lo Stock 84 e la Vecchia Romagna.
Le leccornie
Vicino al bancone, per la gioia dei ragazzi, c’erano, poi, barattoli di vetro tentatori con le più attraenti leccornie: dolcissime caramelle a forma di uva e chiavi, piccole giuggiole gommose e coloratissime. E ancora, bomboloni di zucchero gialli o rosa sorretti da asticelle di legno e le strisce di liquirizie. E poi lecca lecca a forma di fischietto, i frizzy pazzi che ti scoppiavano in bocca, le gingomme a forma di sigaretta. Con una di quelle sigarettine rosa ti sentivi un grande e facevi il fenomeno. Per non parlare dei mitici cicci polenti.
Il ruolo sociale
‘A putiga ‘e Giuanni, inoltre, aveva anche un ruolo sociale nel quartiere: era un punto di riferimento per chi cercava una persona o un indirizzo, o dove si portava la posta ricevuta per errore. Era un ufficio di collocamento per chi cercava lavoro. Lì si veniva a sapere tutto quello che succedeva, di bello e di brutto: furti, matrimoni, nascite, malattie e morti. Ma era anche un luogo di incontro: qui si riunivano gli abitanti della zona. Si incontravano per scambiare qualche parola, per cercare di dimenticare un po’ le difficoltà o la stanchezza della giornata.
‘A libretta
Poi c’era ‘a libretta consegnata a Giuanni dalla propria cliente alla fine di ogni spesa. Lui vi segnava con il lapis cosa era stato comprato, da chi e il prezzo totale di quel giorno per poi ricopiarlo sul proprio registro di bottega. Per il pagamento in differita bisognava godere di stima e fiducia da parte del bottegaio. C’era, però, un alto senso di dignità. Tutti cercavano di saldare i debiti non appena potevano. Questa usanza tipica della società contadina ha aiutato molto le famiglie a sopravvivere. Capitava, infatti, che il negoziante sapesse delle particolari difficoltà di una famiglia, dovute a malattia, alla perdita di lavoro del capofamiglia e, valutata la situazione, lasciava ai debitori più tempo per pagare. E così, attraverso il ricordo di questa bella persona, mi ritrovo in una dimensione antica fatta di relazioni vere, profonde, basate su gesti semplici quotidiani, a volte meccanici, ma assolutamente densi di vita vera.
Lucy Stranges
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