Proverbi paesani

Il proverbio è una sentenza breve, incisiva, alcune volte rimata o espressa per metafora, che ha per lo più uno scopo morale e condensa un insegnamento tratto dall’esperienza.
Lo spirito che è presente dietro i proverbi conflentesi, e ovviamente anche calabresi, ne rispecchia l’indole che è quella di essere ironici e schietti senza essere offensivi.
I proverbi sono la sintesi della sapienza dei popoli, hanno sempre profonde radici popolari e offrono uno
spaccato della società e della cultura da cui provengono.
Più di ogni altra cosa ci permettono di far risorgere il mondo degli antichi e di scoprirne abitudini di vita, usi, costumi, idee, paure, ossessioni, odi e amori.
La loro funzione è stata fondamentale nella storia della nostra regione, perché, in un popolo poco acculturato, sostituendo i libri scritti, hanno tramandato, da una generazione all’altra, notizie e insegnamenti di gran valore sul nostro modo di vivere.
Vediamone alcuni che fanno direttamente riferimento alla cultura contadina e che quindi utilizzano metafore che rimandano al comportamento degli animali o alla natura. Da esse si evince il forte legame dell’uomo con la terra, l’ambiente naturale e gli animali, uniche risorse di quella società.

  • U cane muzica sempre aru sciancatu (Il cane morde sempre il pezzente- In ogni situazione ci rimette sempre il più debole
  • U ciucciu chi ‘un fa ra cuda ari tri anni,’un ra fa cchiù (L’asino che non fa la coda dopo tre anni, non la fa più).  Se non si riesce a fare qualcosa dopo un certo tempo, non si riesce più.
  • A gatta presciarola fa i gattariaddri cicati (La gatta che ha fretta fa i figli ciechi). Le cose fatte in fretta spesso non riescono bene.
  • Quannu a vurpe un junce all’uva, dice ca è amara (Quando la volpe non riesce a prendere l’uva dice che è amara). Quando qualcuno non riesce a fare qualcosa, trova sempre una giustificazione.
  • Chine piacura se fa, u lupu s’u mangia (Chi si fa pecora, il lupo lo mangia). Chi è mite e paziente subisce torti e soprusi.
  • Un futtuliare u cane ca dorme! (Non stuzzicare can che dorme).  Potrebbe morderti.
  • E cirase se coglianu viscannu! (Le ciliegie si raccolgono fischiando). Per non mangiarle.
  • L’aggiaddru intra a caggia, un canta ppe amuri, ma ppe raggia! (L’uccello in gabbia non canta per amore ma per rabbia). Non tutti quelli che cantano sono felici.
  • Quannu chiova, mpesate e va, ca quannu scampa te truavi ddra! (Quando piove preparati e vai, che quando smetterà ti troverai là). Anticipa gli eventi, avrai un vantaggio.
  • Megliu nu ciucciu vivu ca nu miadicu muartu (Meglio un asino vivo che un medico morto).  Meglio una cosa di poco valore ma utilizzabile, che una di valore ma inservibile.
  • Chine un tene puarcu e uartu, è muartu (Chi non ha maiale e orto è morto). Una volta terra da coltivare e carne da mangiare erano fondamentali, senza di essi si rischiava la fame.
  • Acqua passata un macina mulinu (L’acqua che è passata, non fa girare il mulino). Le occasioni bisogna coglierle al momento opportuno.
  • Quannu u gattu se lava o chiove o jazza (Se il gatto si lava, piove o nevica). È un segnale di cambiamenti atmosferici.
  • Chine va aru mulinu, se ‘mparina (Chi va al mulino, si riempie di farina). Le esperienze lasciano sempre traccia.
  • U lupu cangia ru pilu, ma no ru viziu (Il lupo può cambiare pelo ma non il vizio). Occhio a chi fa finta di cambiare!
  • Puru i pulici tenanu a tusse (Pure le pulci tossiscono). Anche gli individui più insignificanti devono dire la loro
  • A gaddrina fa ll’ova e aru gaddru le vruscia u culu (La gallina fa le uova e al gallo brucia il culo). Quando qualcuno si fa il bello del lavoro degli altri e si lamenta pure.
  • Quannu a gatta un c’è, i surici abbaddranu (Quando la gatta manca, i topi ballano).  Nell’assenza di qualcuno che controlla, gli altri ne approfittano per concedersi tutte le libertà.
  • Attacca u ciucciu dduve u patrune vo (Lega l’asino dove vuole il padrone).  Asseconda il tuo datore di lavoro, senza pensarci troppo, di sicuro non potrà farti problemi.
  • A d’abbivirare carduni se perda sulu tiampu (A innaffiare i cardi si perde tempo). Non perdere tempo a fare cose inutili.
  • A gaddrina ca camina se ricoglia ccu ra vozza chjna (La gallina che va in giro torna sempre col gozzo pieno). Chi si impegna, qualcosa conclude.
  • A gaddrina va spinnata dopu morta (La gallina va spennata dopo morta). Ogni cosa a suo tempo. Non contare su una eredità prima di averla.
  • A gatta d’a dispensa cussì cum’è, penza (La gatta della dispensa com’è, pensa). Si dice quando uno giudica gli altri dalle sue idee e dal suo comportamento.
  • A lavare a capu aru ciucciu se perda tiampu e sapune (Se si lava la testa all’asino, si perde tempo e sapone). È lavoro inutile, voler istruire la gente stupida.
  • A malaerva (o gramigna) un mora mai (L’erba cattiva non va mai via). La gente cattiva è come l’erba infestante, si trova sempre.
  • A nive ‘e marzu dura quantu a fimmina in palazzu (La neve di marzo dura quanto una donna (serva) in un palazzo). Dura poco.
  • A nive porta pane e l’acqua porta fame. (La neve porta pane e l’acqua porta fame). La neve è utile, l’acqua dannosa.
  • A petra ca ‘un fa lippu, u jume s’a ‘mpesa. (La pietra che non fa muschio il fiume la porta via). Se qualcuno non si adatta all’ambiente prima o poi va via.
  • Cane c’abbaia, un muzica. (Cane che abbaia non morde). Non temere chi minaccia sempre.
  • Chiddru ca ‘un vue, a l’uartu te nasce. (Nell’orto spunta ciò che non vuoi). Spesso accade ciò che non vorresti.
  • Chine simina spine, un po jire scauzu. (Chi semina spine non può andare scalzo). Chi fa del male deve stare attento alle conseguenze.
  • Cucinala cumu vue, ma sempre cucuzza è! (Cucinala come vuoi sempre zucca è!)  Ti puoi sforzare quanto vuoi ma se la materia prima è di scarsa qualità, anche il risultato non è buono.
  • Dare cumpiatti ari puarci è tiampu piarsu. (Dare confetti ai porci è tempo sprecato). Fare qualcosa per chi non apprezza è tempo perso.
  • Jennaru siccu, massaru riccu! (Gennaio secco, contadino ricco). Segno di buon raccolto.
  • L’acqua e giugnu, rovina u munnu! (L’acqua di giugno rovina il mondo). Segno di cattivo raccolto.
  • Si l’acqua fossa bona un (se pirdessa) jessa u jime appinninu. (Se l’acqua fosse preziosa non  scorrerebbe giù nei fiumi). In questo caso intesa come bevanda.
  • U lignu stuartu u fuacu l’addirizza. (Il legno storto lo raddrizza il fuoco). In certe situazioni solo i metodi forti possono ristabilire l’ordine.
  • A mala cumpagnia te porta a ra mala via. (La cattiva compagnia ti porta nella cattiva via).
  • L’uaminu gilusu, mora curnutu. (L’uomo geloso, muore cornuto).
  • Chine se marita è cuntiantu ppe nu juarnu, chine ammazza ru puarcu resta cuntiantu ppe tuttu l’annu. (Chi si sposa è contento per un giorno, chi uccide il maiale lo è per tutto l’anno. Si sottolinea l’utilità del maiale che sfama per un anno intero).
  • E dduve nescia s’asca, de ssa nuce masca! (Il ramo che viene fuori da un albero è come l’albero. I figli sono come i genitori).
  • Megliu nu surice mmianzu a dui gatti, ca nu malatu mmianzu a dui miadici. (Meglio un topo tra due gatti che un malato tra due medici).  Sfortunato il paziente sotto le cure di due medici.
  • Ogne savurreddra aza na turriceddra! (Ogni pietruzza serve per elevare una torre). I grandi obbiettivi si raggiungono con tanti piccoli sacrifici.

Questi proverbi, invece, fanno riferimento alla saggezza popolare di una società povera, con poche possibilità di migliorare la propria condizione e in cui le precarie condizioni di vita ponevano come problema principale quello della sussistenza. Per poter sopravvivere bisognava lavorare duramente, essere “svegli” (fino alla diffidenza) e sfruttare tutte le occasioni.

  • A pratica vincia ara grammatica. (La pratica vince la grammatica). L’esperienza conta più dello studio.
  • Chine bellu vo parire, gran dulure ha dde patire. (Chi bello vuole apparire gran dolore deve patire).  Senza soffrire non è possibile raggiungere grandi obbiettivi.
  • Chine de speranza campa, affrittu more. (Chi di speranza vive, disperato muore).
  • Chi tardu arriva malu alloggia. (Chi tardi arriva male alloggia). Bisogna essere solerti.
  • Mpara l’arte e mintala de parte. (Impara l’arte e mettila da parte). Saper fare qualcosa è sempre utile.
  • Chine tene arte, tene parte. (Chi ha arte, ha parte). Nella società conta chi ha un mestiere.
  • Guardate du riccu mpoveritu e du povaru arricchisciutu. (Guardati dal ricco impoverito e dal povero che si è arricchito). Fai attenzione a chi cambia condizione, non sa adattarsi alle nuove situazioni.
  • A tavola misa, chine un mangia, perda ra spisa. (Quando la tavola è imbandita, chi non mangia perde la spesa). Se sei invitato e non mangi, hai solo da perderci.
  • Paga caru, ca sta mparu. (Le cose che costano di più, hanno maggiore qualità).
  • L’abbuttu un crida aru dijunu. (Il sazio non crede a chi ha fame). Chi non vive una situazione non può comprenderla.
  • I guai da pignata i ssa a cucchjara ca rimina. (I guai della pignatta li sa solo il mestolo che ci gira). I problemi di una famiglia li sanno solo i suoi componenti.
  • Dduve c’è gustu un c’è perdenza. (Dove c’è gusto non c’è perdenza). Niente può ostacolarci quando facciamo qualcosa che ci piace
  • Fa bene e scordate fa male e pensace. (Fai bene e dimentica, fai male e pensaci). Far bene dovrebbe essere una cosa naturale, senza pensare ai vantaggi; mentre bisogna ricordarsi sempre del male che si è fatto.
  • U patreternu manna viscuatti a chine un tene dianti. (Il Padreterno manda biscotti a chi non ha denti). Spesso le opportunità capitano a chi non sa o non può sfruttarle.
  • A ra cacareddra un ce pò culu stringere. (Con la diarrea è inutile stringere il culo). Ci sono delle situazioni in cui devi, purtroppo, cedere.
  • Chine tene sordi fa sordi; chine tene piducchi fa piducchi. (Chi ha soldi fa soldi, chi ha pidocchi fa pidocchi). In una società chiusa, come quella contadina, non c’era possibilità di migliorare la propria condizione. Quindi il ricco rimaneva sempre ricco e viceversa il povero sempre povero.
  • Quannu u culu ventija, u miadicu passija. (Quando si scorreggia, il medico passeggia). Se si scorreggia vuol dire che si sta bene.
  • Cazzu ammanicatu un guarda parintatu. (Pene indurito non si preoccupa delle parentele). L’attrazione sessuale prevale sul buon senso.
  • Panza chjina canta, no cammisa janca. (Pancia piena canta, non camicia bianca). Ci sono delle priorità, prima mangiare e poi apparire belli.
  • Senza sordi un se cantanu misse. (Senza soldi non si cantano messe). Senza soldi non si fa nulla, neanche la messa ti cantano in chiesa.
  • Po’ cchiù nu pilu all’iartu ca nu sciartu  aru pinninu. (Tira di più un pelo in salita, che una fune in discesa). L’attrazione sessuale ha un potere smisurato.
  • Va ccu ri megliu e tie e facce a spisa. (Va con chi è meglio di te e fagli la spesa). Frequenta chi è migliore di te e, se puoi, impara da loro anche a costo di pagare per poterlo fare.
  • Chine pocu tena, caru u tena. (Chi ha poco, lo tiene caro, con cura).  
  • Aru paise di cicati beatu chine tena n’uacchiu. (Nel paese dei ciechi beato chi ha un occhio).  Uno che sa poco in mezzo agli ignoranti sembra un saputo. In ogni situazione sta meglio chi possiede di più.
  • Mazze e paneddre fanu e figlie belle, Paneddre senza mazze fanu e figlie pazze. (Botte e dolci fanno le figlie belle, dolci senza botte fanno le figlie pazze). Bisogna essere dolci e severi nell’educare i figli
  •  Ppe ra ciotia un ci nna’ medicina. (Per la stupidità non esiste medicina). Non c’è rimedio.
  • Chine è natu quatratu, un po’ morire tunnu. (Chi nasce quadrato non può morire tondo. Chi nasce in un modo non può morire in un altro). Il carattere resta sempre lo stesso.
  • Megliu suli ca male accumpagnati. (Meglio soli che male accompagnati).
  • Uacchiu ca ‘un vide, core ca ‘un dola. (Occhio che non vede, cuore che non duole). Se alcune cose non si sanno si evita di soffrire.
  • A ragiune è di fissi. (La ragione è dei fessi). Si dice quando s’insiste troppo per aver ragione, per partito preso; senza cercare di capire le motivazioni dell’altro.
  • A meglia società è dispara e inferiore a unu. (La migliore società è dispari e inferiore a uno). Il consiglio è non fare società.
  •  A fatiga se chiama fata e a mie me feta. (Il lavoro si chiama fata e a me puzza). Lo dice chi non ama il lavoro.
  • A lingua vatta sempre dduve u dente dola. (La lingua batte dove il dente duole). Il pensiero va sempre a ciò che ci fa soffrire o ci preoccupa.
  • A matinata fa ra bona jurnata. (La mattinata fa buona la giornata). Fare bene di mattina significa fare il più della giornata.
  • Ara squagliata da nive, se vidanu i strunzi. (Quando si scioglie la neve viene fuori la cacca degli animali). Alla fine i difetti vengono fuori.
  • A razza, tira capizza. (La buona razza porta sempre sulla buona strada).
  • A ru paise d’a cuccagna chine menu fatiga cchiu magna. (Nel paese dei balocchi chi meno lavora di più mangia). Se vuoi mangiare ti tocca lavorare. Frase ironica.
  • U suviarchiu rumpa ru cuvierchiu. (Il soverchio rompe il coperchio). Il troppo stroppia.
  • A scusa de pirita sunu e surache. (La scusa delle scorregge sono i fagioli). Per ogni cosa c’è una scusa.
  • A d’ura ca u miadicu studia, u malatu sinnè jutu. (Nel frattempo che il medico studia, il paziente muore). Se non si agisce in modo celere, i rimedi risultano inutili.
  • A furia de futtire se resta futtuti. (A furia di fregare si resta fregati).
  • All’arrizzicu sta ru guadagnu. (Per guadagnare, bisogna rischiare). Se non si rischia non si raggiungono gli obbiettivi.
  • Aru penninu, ogne santu aiuta! (In discesa, ogni santo aiuta). A fare le cose facili ti aiutano tutti
  • Ccu ra vucca case e palazzi, ccu  ri fatti. capu de cazzi! (A parole case e palazzi, coi fatti nulla). C’è chi promette mari e monti e poi non mantiene le parole.
  • Chine fatiga mangia, chine un fatiga, mangia, viva e dorma. (Chi lavora mangia, chi non lavora, mangia, beve e dorme). Il lavoro ti garantisce il cibo, la ricchezza, tutto.
  • Chine parra assai, caca viantu! (Chi parla tanta, defeca aria). Chi si vanta tanto, non combina nulla.
  • Chine te vo bene te fa chjangire, chine te vo male te fa ridire! (Chi ti vuole bene ti fa piangere, chi ti vuole male ti fa ridere). Chi ti vuole bene ti dice la verità, anche se scomoda e non ciò che ti fa piacere.
  • Chine tena a casa larga, raga spine. (Chi ha una casa grande, ha tante spine). Una casa grande comporta responsabilità e problemi.
  • Ad ogni casa c’è na cruce. (In ogni casa c’è una croce).  Non esiste casa senza problemi.
  • I panni luardi se lavanu ara casa. (I panni sporchi si lavano in famiglia).  Gli affari di casa si risolvono in famiglia e non si raccontano in giro.
  • A ra casa du latru, un s’arrubba. (In casa del ladro non si ruba). È difficile imbrogliare una persona più esperta di noi.
  • Chine vo fricare u vicinu, se curca priastu e se leva ru matinu. Chi vuole fregare il vicino deve coricarsi subito e svegliarsi presto. Deve trovare i momenti buoni.
  • Chine vo ncripare u nimicu u fa parrare e se sta citu! (Chi vuole innervosire il nemico lo fa parlare e sta zitto). Chi vuole innervosire il nemico non risponde alle provocazioni.
  • Chine campa de mmidia mora de raggia. (Chi vive invidiando, muore arrabbiato).
  • Chine ccu priscari se misca, ccu pulici se leva. (Chi a che fare con bambini si ritrova pieno di pulci). Chi pratica gente immatura prima o poi avrà problemi.
  • Cchine lassa ra via vecchia ppe ra nova, trivuli lassa e malanove trova. (Chi lascia la via vecchia per la nuova, trova sempre nuovi problemi).
  • Chine mangia sulu affucatu mora! (Chi mangia da solo, muore affogato). Gli ingordi rischiano di soffocare.
  • Chine sta ccu ru zuappu se mpara a zuappicare. (Chi va con lo zoppo impara a zoppicare).
  • Chine tena faccia, abbusca mugliere. (Chi ci mette la faccia, trova moglie). Senza provarci non si ottiene nulla.
  • Chi vo va, chine un vo manna. (Chi vuole va, chi non vuole manda). Se vuoi una cosa, falla personalmente.
  • Cchiù scuru da menzannotte un po vinire. (Più buio della mezzanotte non può fare).  A tutto c’è una fine.
  • Cose e notte, vrigogna e juarnu. (Cose di notte, vergogna di giorno).  Le cose fatte di notte, hanno sempre qualcosa di cui vergognarsi.
  • Ccu l’amicu u pattu, ccu ru parente u cuntrattu. (Con l’amico un patto, col parente il contratto). Fidati più di un amico che di un parente.
  • È megliu na vota arrussicare, ca ciantu ngialinire! (Meglio una volta arrossire che cento impallidire). Meglio reagire subito ad un torto, che covare nel cuore risentimento. Se hai fatto qualcosa di male, confessalo subito.
  • I cunti se fanu ara ricota da fera! (I conti si fanno quando si ritorna dalla fiera). Alla fine.
  • E jestigne coglianu e ru gabbu mmisca! (Le bestemmie colpiscono; la derisione si trasmette).
  • Si a mmidia fossa guaddrara, tutti l’avessanu. (Se l’invidia fosse ernia, tutti ne soffrirebbero).
  • A zirra d’a sira, stipala ara matina. (L’ira della sera conservala fino al mattino). Meglio non agire sotto l’effetto dell’ira.
  • Visita rara, tenela cara. (La visita rara tienila cara). Tieni in buon conto chi cerca di non importunare sempre.
  • U pocu vasta e l’assai suverchia. (Il poco basta, il troppo avanza). La moderazione nelle cose è importante.
  • U sule a chine vide, scarfa. (Il sole riscalda chi vede).  Se vuoi cogliere una opportunità devi essere al posto giusto, al momento giusto.
  • Pane e mantu un grava tantu! (Pane e mantello non pesano tanto). Quando viaggi porta con te da mangiare e indumenti; sono sempre utili.
  • Sa cchiù u pazzu a casa sua, ca u saviu a casa e l’atri! (Ognuno sa i problemi della propria casa).
  • Se dice ru piccatu e mai u peccature! (Si dice il peccato e non il peccatore). Racconta il fatto non chi lo ha commesso.
  • Senza u fissa, u furbu un campa! (Senza gli ingenui, i furbi non vanno avanti).  
  • Si un niasci viscannu, zu peppe te fa ru vagnu! (Se non segnali la tua presenza rischi di beccarti il piscio in testa). Era un consiglio quando ancora non c’erano i gabinetti in casa.
  • Dduve cce su i fatti, un servanu e parole. (Dove ci sono fatti non servono le parole).
  • Fa cumu t’è statu fattu ca u d’è peccatu! (Fai come ti è stato fatto ché non è peccato). Se ti comporti con gli altri come loro fanno con te, nessuno potrà dirti nulla.
  •  Male un fare, paura u d’avire! (Se non fai male non hai nulla da temere).
  • Matrimuni e viscuvati, du cialu su distinati! (Il destino decide matrimoni e vocazioni).
  • Megliu n’aiutu ca ciantu cunsigli. (Meglio un aiuto che cento consigli).
  • E finestre du paise tenanu tutte e ricchie tise. (Le finestre del paese hanno tutte le orecchie attente). In paese si sa tutto di tutti.
  • Fatte i fatti tui ca campi ciantu anni. (Chi si fa gli affari suoi vive cento anni=. Non si trova nei guai).
  • Gente e marina futte e camina. (Quando incontri gente di mare, utilizzale se vuoi, ma liberatene appena puoi.
  • I parianti su cumu e scarpe, cchiu su stritti e cchiù te fanu male. (I parenti sono come le scarpe, più sono stretti e più fanno male).  

Infine, da questi, traspare una società profondamente patriarcale e maschilista in cui la donna era poco considerata e aveva un ruolo subordinato e da comprimaria.

  • Aru lustru da lumera tutte e fimmine su de na manera. (Al buio tutte le donne sono uguali).
  • Fimmina ca rida è cumu gaddrina ca canta, un cce tinire spiranza! (Non avere fiducia in una gallina che canta e una donna che ride=.   
  • Fimmine e sumere (asine), dduve su, fanu fere. (Donne e asine fanno solo casino).
  • A chine puazzu a muglierma puazzu. (Per ogni incazzatura ci va di mezzo la moglie). Sono sempre i più deboli a fare le spese dei torti subiti da altri.
  • Amu fattu a matinata e ra figlia fimmina. (È arrivata l’alba e la figlia è femmina).  Abbiamo solo perso tempo perché la neonata è femmina.
  • Fimmina de gghiasa, diavula de casa. (Occhio alla donna bigotta, perché è santa in chiesa diavola fuori).
  • All’uaminu a scuppetta, ara fimmina a quazetta. (All’uomo lo schioppo, alla donna il calzino). A ognuno il proprio lavoro e alla donna quelli di casa.
  • Figlia fimmina e vutte de vinu, dacce caminu. (Figlia femmina e botte di vino prima puoi mandarle via, meglio è). Seppure asse portante della famiglia
  • A casa senza fimmina è cumu na scupa senza manicu. (Una casa senza donna e come una scopa senza manico). Inutilizzabile,
  • Na mamma mantena dece figli e dece figli un mantenanu na mamma! (Una mamma mantiene dieci figli, ma poi dieci figli non sono capaci di mantenere una madre).

 

         Con la preziosa collaborazione di A. Coltellaro

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