LA BASILICA DI MARIA SS DELLA QUERCIA DI VISORA
La Basilica di Maria SS delle Grazie di Visora è il simbolo di Conflenti e l’elemento unificante di tutti i suoi abitanti sparsi per il mondo
Le “Sacre Memorie” raccontano con dovizia di particolari, le apparizioni mariane e le straordinarie vicende che a partire dal 7 Giugno 1578 accaddero a Conflenti, così come erano state trascritte dal Cancelliere Baratta nel suo articolato “dossier”.
Il “dossier” era stato voluto dal Vescovo di Martirano Monsignor Mariano Pierbenedetto, inizialmente molto restio a credere alla veridicità degli eventi, per escludere che si trattasse di fenomeni di suggestione e fanatismo collettivo dovuti alle precarie condizioni di vita della popolazione.
L’alto prelato aveva dato incarico con lettera commissariale al suo dotto Cancelliere Nicolangelo Baratta affinché girando per le due province della Calabria si accertasse e raccontasse quanto di grande e prodigioso era accaduto in quel tempo a Visora, registrando accuratamente tutte le testimonianze.
Il Baratta impiegò circa nove mesi per espletare le necessarie indagini ed allestire un ampio “fascicolo” con la fedele trascrizione delle apparizioni e degli avvenimenti miracolosi operati dalla Madonna di Visora nel periodo che va dal 7 giugno 1578 a metà febbraio 1580, così come gli erano stati riferiti a viva voce dai diretti beneficiari incontrati personalmente in ben 13 Diocesi della Calabria.
Il Vescovo, dopo aver consultato anche una commissione di teologi per esaminare il “processo” con le testimonianze del Baratta e aver verificato personalmente alcune guarigioni miracolose, concluse i lavori di accertamento dichiarando che i fatti prodigiosi accaduti a Visora erano “chiari segni di Dio” e per questo concesse la costruzione del Santuario con l’emanazione della bolla di fondazione.
Apparizioni e Miracoli
Le apparizioni della Madonna trascritte dal Cancelliere nel suo articolato “processo” sono in tutto dieci.
La prima apparizione avvenne il 7 giugno 1578 (di sabato) ad un umile pastore di Conflenti Sottani, Lorenzo Folino, il quale, mentre pascolava il gregge e riposava sotto una quercia in località Piano della Croce, venne improvvisamente svegliato da un’insolita armonia e s’incamminò verso il piccolo monte “Serra Campanara”, da dove proveniva quella dolce melodia. Vide su una quercia una Signora avvolta da tantissime bianche colombe che chiedeva la costruzione di una Chiesa presso la quercia di Visora. Il giovane pastore lasciò incustodito il gregge e corse immediatamente al paese per riferire l’avvenimento al Sindaco Notar Antonio Paladino ed al Parroco don Gianpietro Vescio, i quali non credettero una sola parola di ciò che riferiva il Folino.
Dopo questa prima apparizione sulla quercia di Serra Campanaria, ove ora sorge una bellissima chiesetta dedicata alla Vergine, la Madonna si rese visibile dopo una settimana, il 14 Giugno, presso il “ceraso dell’augurelli”, sulla pubblica via, ad una anziana e onesta contadina Vermiglia Mercuri, ove ora a ricordo esiste una piccola edicola votiva. Anche lei si presentò davanti al Parroco e al Sindaco chiedendo a nome della Vergine Maria la costruzione di una chiesa ma non fu creduta.
Le successive 8 apparizioni mariane avvennero tutte presso la quercia di Visora in Conflenti, indicata dalla Vergine Maria al pastore Folino, dal monte Serra Campanara.
La terza apparizione, il 24 Giugno, forse la più celebre coinvolse Giovanni Calabria, che era il mastro giurato del paese, una sorta di giudice conciliatore dei nostri tempi, una persona di indubbia credibilità che era cieco di un occhio e zoppo fin dalla nascita. Giovanni vide un luccichio sulla grande quercia e al centro una maestosa regina: scomparsa la visione e completamente guarito, il mastro giurato cominciò a bussare alle case degli amici. La guarigione dell’infermo, a differenza di quanto era accaduto in precedenza a Lorenzo e Vermiglia, convinse subito tutti della veridicità del racconto.
La quarta apparizione, il 30 Giugno 1578, ebbe come protagonisti i giovani Giantommaso Mete e Pietro Mastroianni.
La quinta, il 1 Luglio, il sacerdote di Conflenti Sottano Prospero Calabria, fratello di Giovanni miracolato pochi giorni prima. Il sacerdote a seguito dell’evento diede la sua quota patrimoniale per la costruzione della chiesa e si recò con altri delegati dal Vescovo per riferire il messaggio ricevuto dalla Vergine Maria.
Il veggente della sesta apparizione il 3 Luglio, fu il nobiluomo Giovanni Paladino insieme al compaesano Giantommaso Mindarello.
La settima apparizione il 25 Luglio ebbe per protagonisti il sacerdote Don Andrea Falascino, economo della parrocchia, e il Sindaco notaio Antonio Paladino. Ad essi la Madonna oltre alla solita richiesta di costruzione del tempio disse che la peste che stava incombendo in tutti i paesini del circondario, non avrebbe toccato Conflenti Sottani e sarebbe sparita a breve da Conflenti Soprani, e così fu infatti il giorno stesso furono tolti gli steccati tra i due casali e il morbo fu debellato.
L’ottava apparizione avvenne il 25 Agosto a Delicia Ponti e Margherita Vescio, preannunciata da S. Martino .
La nona apparizione, il 12 Marzo del 1579, fu alquanto singolare in quanto coinvolse ben quattro persone insieme, tutte di Conflenti, Bernardino Roperti, Pietro Dello Scavo, Domenico Pingitore e Tommaso Uccello.
La decima e ultima apparizione avvenne il 25 Marzo, i veggenti furono ben nove persone, differenti per patria, condizione e sesso: Leonardo Nicolazzo e Vincenzo Perri di Motta S. Lucia, Faustina Pandolfi di Conflenti, Cesare di Paula e Domenico Chiariti di Rogliano, Valerio di Sorito, Michele Lanza, frate Geronimo conventuale di Gerace e Giovanni Montinaro di Genova, la diversa provenienza di queste persone testimonia quanto ormai fosse conosciuta dappertutto la vicenda di Visora.
Analizzando e comparando le varie apparizioni della Vergine Maria a Conflenti, possiamo quindi affermare che i veggenti furono molti, di diverso ceto sociale e di diversa educazione e cultura: un pastore, un’anziana contadina, il mastro giurato del paese, un sacerdote, alcuni giovani, il parroco e anche molte persone insieme.
Ciò preserva l’evento mariofanico da possibili critiche di autosuggestione o isterismo, anche perché furono attestate guarigioni eclatanti verificabili da tutti.
I racconti riportati dai veggenti e presenti nelle “Sacre memorie”, hanno molti particolari in comune quali l’ascolto di una “soave celeste armonia”e la richiesta della costruzione del tempio in località Visora, che a quei tempi era una zona poco distante dal paese e completamente disabitata e boscosa.
Anche le testimonianze relative alla visione della Vergine Maria sono sostanzialmente simili: “una Gran Signora circondata da colombe”, “una nobilissima matrona circondata da angeli”, “una celeste maestosa regina”, “una nobile signora”, “una celeste matrona”.
Le altre apparizioni
Le apparizioni riportate nelle “Sacre Memorie” in realtà furono in tutto dodici, poiché oltre a queste dieci della Beata Vergine, sono descritte anche altre due prodigiose visioni.
La prima, del 23 giugno 1578, riguarda l’apparizione presso le Croci di Visora (localizzabile nell’attuale tratto di strada tra il pioppo e il bivio del “Cavonello”) di San Giovanni Battista, San Nicola di Bari e Sant’Andrea (protettori di Conflenti) ad una vedova di umili e modesti costumi, Delicia Mastroianni, predicendo alla donna la costruzione di un Tempio dedicato alla Madonna entro poco tempo in quel luogo.
La seconda, il 15 luglio 1578, al giovane Antonio Formica, sordomuto dalla nascita, riguarda l’apparizione di un luminosissimo Crocifisso Vivente sempre sulla Quercia di Visora. All’avvenimento erano anche presenti don Prospero Calabria e il Sindaco Antonio Paladino. Il giovane, al termine della visione, si ritrovò guarito dalla sordità e dal mutismo.
GLI ALTRI EVENTI MIRACOLOSI
Nelle sacre memorie oltre alle apparizioni si possono leggere nella loro integrità, completezza e dovizia di particolari, anche tutti gli altri eventi miracolosi riconducibili alla reale presenza della Madonna a Visora. Alcuni miracoli erano avvenuti durante le apparizioni, altri erano stati riferiti al Cancelliere vescovile Baratta, nel corso del suo viaggio per tutte le diocesi della Calabria, dagli stessi miracolati presso la Quercia di Visora.
Le testimonianze furono moltissime e alcune di esse furono eclatanti, poiché interessarono persone importanti del tempo come il Barone Tommaso D’Aquino, che riacquistò la vista. Clamoroso fu il miracolo che coinvolse l’intera città Cosenza, liberata dalla peste (il magistrato del tempo, Roberto Ropertucci scrisse una lettera di ringraziamento al Vescovo di Martirano e inviò diversi doni al Santuario).
I miracoli furono innumerevoli e destarono interesse in tutto il Regno di Napoli: ciechi che riottennero la vista, invasati dal Demonio che vennero liberati, storpi che guarirono, bambini gravemente malati che vennero salvati, la prodigiosa resurrezione di un bambino morto, e tanti altri ancora.
Quello che impressiona oltre al numero considerevole degli eventi miracolosi è il diverso luogo di provenienza delle persone coinvolte, a testimonianza di quanto importante e conosciuta fosse la devozione verso la Madonna di Visora, anche fuori dalla Calabria.
Il libro delle Sacre Memorie riporta anche la testimonianza del prof. Gian Lorenzo Anania (1545-1609), teologo della città di Taverna, che passando da Conflenti nel 1579 e rimanendovi per tre giorni fu spettatore di numerosi miracoli avvenuti davanti alla quercia di Visora. Tale attestazione è descritta nell’opera intitolata De Natura daemonum, stampata a Venezia presso Aldo Manunzio nel 1579
La costruzione del Tempio
Le ripetute apparizioni della Vergine e i fatti miracolosi avvenuti in località Visora diedero motivo agli abitanti di Conflenti di chiedere ripetutamente al Vescovo Pierbenedetti l’edificazione, in quel sito, di una Chiesa.
Questi, dopo aver scrupolosamente indagato sulla veridicità degli eventi ed essendosi ormai definitivamente convinto, diede finalmente il suo assenso. Così il 9 marzo 1580, in mezzo ad una moltitudine di fedeli giunti da ogni parte, furono delineati i confini del tempio, proprio nel luogo in cui prima il Vescovo aveva autorizzato la costruzione di un baraccone. Le fondamenta furono scavate in soli quattro giorni dai cittadini di Conflenti, animati da una grande entusiasmo e gioiosi perché finalmente venivano esauditi i desideri della Vergine Maria.
Poi, il 12 marzo, il Vescovo ritornò a Visora e, compiuto il cerimoniale prescritto, pose la prima pietra del Santuario. I lavori procedettero con incredibile celerità. Si racconta che una lunghissima fila di conflentesi, scaglionatasi da Visora fino al letto del fiume Salso, si passasse di mano in mano le pietre e la sabbia occorrente. Dopo appena sette mesi, agli inizi del mese di ottobre, le strutture della chiesa, nella sua forma originaria, furono terminate. Si provvide, quindi, all’ornamento interno e sotto l’altare maggiore della novella chiesa fu inserito il tronco della quercia su cui era apparsa la Vergine Maria.
La prima messa in forma solenne fu celebrata il 6 ottobre 1580 dal Vicario foraneo don Gianpietro Vescio e subito dopo, il 13 ottobre 1580 venne emanata dal Vescovo Mons. Pierbenedetti la Bolla di fondazione del Santuario con l’istituzione di quattro cappellanie.
Si stabilì che la festa della Madonna di Visora fosse celebrata il 24 giugno, giorno dell’apparizione a Giovanni Calabria, e così fu per altri 27 anni.
Un grande evento per il santuario avvenne poi il 9 luglio 1581, e di questo abbiamo già dettagliato in precedenza, giorno in cui all’interno del Santuario venne trovato realizzato prodigiosamente il Quadro Divino.
L’immagine della Madonna, su tela, dipinta da “mano angelica” divenne per lungo tempo l’icona della Madonna di Visora e quindi il richiamo di tutti i pellegrini.
Il 26 agosto 1607 fu promulgata dal Vescovo Francesco Monaco la Bolla di Consacrazione del Santuario. Il vescovo benedisse l’altare maggiore, riponendo, racchiusi in un’urna, le reliquie di San Giovanni Battista, di San Bernardo, di Sant’Agnello, di Sant’Anna, di San Sabino e di Santa Giustina.
Mons. Monaco stabilì che la festa fosse trasferita all’ultima domenica di agosto, perché così potesse goderne la popolazione della Diocesi di Martirano che nel mese giugno era impegnata nella raccolta delle messi.
La devozione della Madonna della Quercia di Visora, su cui Maria apparve, si diffuse in tutto il Regno di Napoli e il numero dei pellegrini che accorrevano a Visora crebbe sempre di più tanto che si ritenne necessaria la costruzione di una casa di accoglienza dei pellegrini, in prossimità della chiesa.
Con Regio Diploma del 23 aprile 1695, il Re di Napoli Carlo II, in via esclusiva ed eccezionale, concesse che si potesse tenere mercato per tre giorni a Visora nei giorni della festa con esenzione di pubbliche imposte, questo privilegio fu poi esteso da Carlo III ad altri sei giorni.
Per diversi anni si discusse sul progetto di ampliamento della Chiesa, ma il continuo afflusso dei pellegrini non consentiva la sospensione delle funzioni religiose nel Santuario.
Poi finalmente, in occasione del secondo centenario delle apparizioni, si pensò di ampliare il Santuario e il 2 agosto 1759 iniziarono i lavori.
Il cappellano don Francesco Paladini pose la prima pietra del nuovo corpo di fabbrica, senza abbattere il primo Tempio, per consentire il prosieguo delle attività religiose e conservando l’altare maggiore, sotto il quale vi era il tronco dell’antica quercia di Visora.
Le cappelle da quattro passarono a otto e furono probabilmente eretti anche la sacrestia e il campanile.
Nel 1778, a Santuario ultimato, il cappellano don Francesco Stranges fece scolpire a sue spese una statua lignea raffigurante la Vergine, che si ispirava ad una statuetta in marmo carrara del Seicento che si trovava nella Chiesa.VEDI FOTO
Nei primi anni del Novecento vennero eseguiti altri lavori di ampliamento a cura dell’amministrazione comunale che modificarono sostanzialmente lo spazio presbiteriale e il retro della chiesa, che fu completamente riconfigurato valorizzando in questo modo anche lo spazio urbano. Elaborò il progetto l’ingegnere G. Rispoli di Napoli con l’ausilio dell’ingegnere Taverna di Catanzaro.
Successivamente nel 1907, iniziarono i lavori di decorazione degli interni, affidati ai fratelli Franchini di Milano mentre il pittore Giuseppe Cassioli di Firenze curò i bozzetti degli stucchi con le due pale dell’altare maggiore. Sul soffitto furono collocati tre grandi quadri, opera del pittore calabrese Carmelo Zimatore e del nipote Diego Grillo.
Con la fine della qualità laicale del Santuario e il ritorno sotto l’amministrazione della Diocesi, a seguito della firma del Concordato tra Stato e Santa Sede, si avvera finalmente un altro desiderio dei conflentesi, quello di affidare la cura della Chiesa ad una comunità monacale.
Grazie all’opera del Vescovo, Mons. Eugenio Giambro, arrivarono direttamente dalla casa madre di Torino le suore del Cottolengo, col compito non facile di curare il decoro del Tempio e organizzare un asilo per l’infanzia.
A partire dal 1970 sono stati eseguiti altri lavori di restauro e ristrutturazione che hanno riguardato gli esterni e il campanile.
Nel presbiterio sono stati realizzati per come si vedono attualmente l’altare rivolto al popolo, l’ambone e il pavimento e collocate altre quattro importanti tele, mentre sui finestroni furono applicate le vetrate istoriate, cinque sul presbiterio e otto sulla navata centrale.
L’ultimo intervento di restyling, nei primi anni di questo secolo, ha invece riguardato il rifacimento della pavimentazione, del soffitto e di tutti gli interni, stucchi e pittura comprese, mentre l’esterno è stato completamente ripreso e dotato di una bellissima illuminazione. Sono stati inoltre ristrutturati gli ambienti destinati all’accoglienza dei pellegrini e quelli del fabbricato adiacente alla Chiesa, che ospita le suore del Cottolengo.
Nel 2017, Il campanile è stato rimesso a nuovo e abbellito con stupende maioliche.
Il mistero del Quadro Divino
Il Quadro Divino è da considerarsi la più antica e preziosa immagine della Vergine Maria esposta al culto nel Santuario di Conflenti.
Narra la tradizione che il 9 luglio 1581, nel tempio di Visora, fu rinvenuto un quadro su tela dipinto da mano misteriosa, con una dolce e tenera immagine di Maria col bambino, rispondente alla descrizione dei veggenti.
Le autorità civili e religiose del tempo avevano consultato diversi pittori di una certa fama perché si eseguisse un dipinto che riportasse fedelmente le sembianze della Vergine apparsa più volte a Conflenti.
La scelta era ricaduta sul messinese Muzio Roblani, che dapprima, con grande scrupolosità, volle ascoltare i testimoni oculari per farsi dire con dovizia di particolari come era l’immagine presentata loro durante le apparizioni.
Poi volle riflettere un po’ sulla descrizione, e quindi, il 9 luglio, di buon mattino dopo aver illustrato ai cittadini come intendeva raffigurare l’immagine santa, con alcuni conflentesi che volevano assistere all’esecuzione dell’eccezionale opera pittorica, si avviò verso la chiesa.
Vi giunsero, entrarono, e indescrivibile fu la loro sorpresa quando si accorsero che una bellissima Madonna, a mezzo busto, maestosa, col bambino tra le braccia, era già dipinta.
Con immenso stupore contemplarono l’immagine: la Madonna era coperta da un manto azzurro, mostrava scoperti il volto e le mani. La veste purpurea dava maggior risalto al volto modesto e grave, accarezzato da ambo le parti dai capelli biondi e reso più arcano dalle ciglia nere, le pupille scure e le labbra rosso porpora. Dalle mani pendeva un lino bianco e il bambino, ricoperto da una veste di bisso e porpora, benediceva con la mano destra.
Da allora il Quadro Divino, collocato in una apposita nicchia sopra l’altare maggiore, iniziò a essere venerato, anche se inizialmente venne protetto con solenne drappeggio che veniva aperto solo in occasione della festa.
Il mistero del Quadro Divino continuò ancora con un altro segno miracoloso riportato dalle “Sacre memorie”: il primo sabato di ottobre 1726 i cappellani entrando nel Santuario per celebrare la messa, videro una luce che a forma di stella usciva dal Quadro, coperto da un drappo. il fenomeno luminoso rimase manifesto a tutti per otto mesi.
Il papa Pio VI, il 4 luglio del 1782, con un Pontificio Rescritto attribuì al vescovo di Nicastro, Francesco Paolo Mandarano, l’incarico di procedere, personalmente o per sua delega ad altra persona costituita in dignità vescovile, all’incoronazione della Vergine e di Gesù bambino rappresentati nel Quadro Divino.
Il 31 agosto 1783, domenica della festa si procedette all’incoronazione del Quadro Divino, mediante applicazione delle due corone auree a suo tempo trasmesse dal Capitolo Vaticano, avendo cura che nel retro della tela fossero apposti i sigilli vescovili. Gli autori delle due corone furono due orafi romani molto famosi, i fratelli Giuseppe e Bartolomeo Boroni.
Il 9 giugno 1894, il vescovo Domenico Maria Valensise, nel corso della visita fatta al Santuario, accertò che i sigilli delle corone erano intatti.
Oggi il Quadro Divino sormonta l’altare maggiore, incastonato in una cornice dorata nel ripiano più alto, come per avere la totale visione della navata e viene solennemente portato in processione la seconda domenica di agosto in occasione della Festa dell’Emigrato.
Il Vescovo Cantafora ne ha voluto fortemente una copia e l’ha commissionata all’artista Nathanael Theuma. L’opera, riproduzione alquanto fedele dell’originale, realizzata seguendo la tecnica dell’icona è custodita all’interno della Cattedrale di Lamezia.
Descrizione del quadro
Il linguaggio iconografico del dipinto non è riscontrabile in un prototipo specifico in ambito costantinopolitano così come avviene per tutti i più famosi modelli iconografici. Ci sono delle somiglianze con l’Achiropita venerata nella cattedrale di Rossano (X secolo), con la Salus Popoli Romani nella basilica di Santa Maria Maggiore e con l’affresco di santa Maria Antiqua (VII sec.). L’icona mariana di Conflenti è stata fatta risalire ad una variante dell’Odigitria o ad una sua rappresentazione primitiva. In realtà però, poiché la Vergine Maria non indica il Figlio, ma è piuttosto il Bambino Gesù che guarda e indica la Madre, si esclude questa possibilità e si preferisce classificarla quale “Madonna dalle mani incrociate”, riscontrabile in ambito bizantino, come ad esempio è raffigurata nella cupola della chiesa della Dormizione a Nicea del X secolo.
La Vergine, che è in posizione eretta, richiama lo stare di Maria ai piedi della croce. I suoi occhi segnano il punto di convergenza delle linee compositive dell’opera. Spalancati sul mondo sembrano scrutare le necessità dei suoi figli e commuoversi per i loro affanni. La compostezza della figura riprende elementi specifici dell’abito cerimoniale della Basilissa bizantina. Il manto decorato e impreziosito con piccoli globi dorati formanti una croce, la posizione frontale e il fazzoletto nella mano sinistra, sono attributi provenienti da un’antica iconografia regale. Le mani incrociate suggeriscono di consegnare, come Lei, la nostra vita al Padre, sapendo che Dio prima di noi ci ha donato suo Figlio per la nostra salvezza. Le due dita della mano destra, lunghe e distaccate indicano la doppia natura, umana e divina, del Figlio, e, nello stesso tempo, formano, con il pollice che resta nascosto, un riferimento alla comunione trinitaria. La mano sinistra, invece, stringe il fazzoletto di lino bianco, che oltre ad essere un segno della regalità, di cui Cristo l’ha rivestita, indica il pianto di dolore versato per la passione del Figlio. Il pollice sinistro sollevato verso l’alto vuole indicare il gesto di chi sceglie la vita e non la morte: il peccatore può sempre sperare nella salvezza. Questi elementi insieme alla tunica rosso porpora, alla tonalità scura del mantello, al volto che lascia trasparire un velo di tristezza, portano il fedele che osserva l’icona a rivivere i sentimenti di Maria durante la passione del Figlio suo (cf. Lc 2,35). A rafforzare tale idea vi è, inoltre, il fatto che per diversi anni la festa del Quadro Divino è stata celebrata nel sabato antecedente la domenica di Passione, periodo in cui la chiesa latina, prima della riforma liturgica ricordava i sette dolori della Vergine.
Dalla lettura dei segni iconografici del Figlio si possono cogliere alcuni aspetti: lo stile di obbedienza (cf. Fil. 2,8), le gambe incrociate che indicano l’abbandono filiale all’amore del Padre, la mano sinistra che sorregge il libro della Parola, gli occhi protesi verso la Madre, la mano destra benedicente che ci riporta al testamento di amore che Gesù consegna dall’alto della croce (cf. Gv. 19, 26–27).
IL MISTERO DEL QUADRO DIVINO
Il Quadro Divino è da considerarsi la più antica e preziosa immagine della Vergine Maria esposta al culto nel Santuario di Conflenti.
Narra la tradizione che il 9 luglio 1581, nel tempio di Visora, fu rinvenuto un quadro su tela dipinto da mano misteriosa, con una dolce e tenera immagine di Maria col bambino, rispondente alla descrizione dei veggenti.
Le autorità civili e religiose del tempo avevano consultato diversi pittori di una certa fama perché si eseguisse un dipinto che riportasse fedelmente le sembianze della Vergine apparsa più volte a Conflenti.
La scelta era ricaduta sul messinese Muzio Roblani, che dapprima, con grande scrupolosità, volle ascoltare i testimoni oculari per farsi dire con dovizia di particolari come era l’immagine presentata loro durante le apparizioni.
Poi volle riflettere un po’ sulla descrizione, e quindi, il 9 luglio, di buon mattino dopo aver illustrato ai cittadini come intendeva raffigurare l’immagine santa, con alcuni conflentesi che volevano assistere all’esecuzione dell’eccezionale opera pittorica, si avviò verso la chiesa.
Vi giunsero, entrarono, e indescrivibile fu la loro sorpresa quando si accorsero che una bellissima Madonna, a mezzo busto, maestosa, col bambino tra le braccia, era già dipinta.
Con immenso stupore contemplarono l’immagine: la Madonna era coperta da un manto azzurro, mostrava scoperti il volto e le mani. La veste purpurea dava maggior risalto al volto modesto e grave, accarezzato da ambo le parti dai capelli biondi e reso più arcano dalle ciglia nere, le pupille scure e le labbra rosso porpora. Dalle mani pendeva un lino bianco e il bambino, ricoperto da una veste di bisso e porpora, benediceva con la mano destra.
Da allora il Quadro Divino, collocato in una apposita nicchia sopra l’altare maggiore, iniziò a essere venerato, anche se inizialmente venne protetto con solenne drappeggio che veniva aperto solo in occasione della festa.
Il mistero del Quadro Divino continuò ancora con un altro segno miracoloso riportato dalle “Sacre memorie”: il primo sabato di ottobre 1726 i cappellani entrando nel Santuario per celebrare la messa, videro una luce che a forma di stella usciva dal Quadro, coperto da un drappo. il fenomeno luminoso rimase manifesto a tutti per otto mesi.
Il papa Pio VI, il 4 luglio del 1782, con un Pontificio Rescritto attribuì al vescovo di Nicastro, Francesco Paolo Mandarano, l’incarico di procedere, personalmente o per sua delega ad altra persona costituita in dignità vescovile, all’incoronazione della Vergine e di Gesù bambino rappresentati nel Quadro Divino.
Il 31 agosto 1783, domenica della festa si procedette all’incoronazione del Quadro Divino, mediante applicazione delle due corone auree a suo tempo trasmesse dal Capitolo Vaticano, avendo cura che nel retro della tela fossero apposti i sigilli vescovili. Gli autori delle due corone furono due orafi romani molto famosi, i fratelli Giuseppe e Bartolomeo Boroni.
Il 9 giugno 1894, il vescovo Domenico Maria Valensise, nel corso della visita fatta al Santuario, accertò che i sigilli delle corone erano intatti.
Oggi il Quadro Divino sormonta l’altare maggiore, incastonato in una cornice dorata nel ripiano più alto, come per avere la totale visione della navata e viene solennemente portato in processione la seconda domenica di agosto in occasione della Festa dell’Emigrato.
Il Vescovo Cantafora ne ha voluto fortemente una copia e l’ha commissionata all’artista Nathanael Theuma. L’opera, riproduzione alquanto fedele dell’originale, realizzata seguendo la tecnica dell’icona è custodita all’interno della Cattedrale di Lamezia.
Descrizione del quadro
Il linguaggio iconografico del dipinto non è riscontrabile in un prototipo specifico in ambito costantinopolitano così come avviene per tutti i più famosi modelli iconografici. Ci sono delle somiglianze con l’Achiropita venerata nella cattedrale di Rossano (X secolo), con la Salus Popoli Romani nella basilica di Santa Maria Maggiore e con l’affresco di santa Maria Antiqua (VII sec.). L’icona mariana di Conflenti è stata fatta risalire ad una variante dell’Odigitria o ad una sua rappresentazione primitiva. In realtà però, poiché la Vergine Maria non indica il Figlio, ma è piuttosto il Bambino Gesù che guarda e indica la Madre, si esclude questa possibilità e si preferisce classificarla quale “Madonna dalle mani incrociate”, riscontrabile in ambito bizantino, come ad esempio è raffigurata nella cupola della chiesa della Dormizione a Nicea del X secolo.
La Vergine, che è in posizione eretta, richiama lo stare di Maria ai piedi della croce. I suoi occhi segnano il punto di convergenza delle linee compositive dell’opera. Spalancati sul mondo sembrano scrutare le necessità dei suoi figli e commuoversi per i loro affanni. La compostezza della figura riprende elementi specifici dell’abito cerimoniale della Basilissa bizantina. Il manto decorato e impreziosito con piccoli globi dorati formanti una croce, la posizione frontale e il fazzoletto nella mano sinistra, sono attributi provenienti da un’antica iconografia regale. Le mani incrociate suggeriscono di consegnare, come Lei, la nostra vita al Padre, sapendo che Dio prima di noi ci ha donato suo Figlio per la nostra salvezza. Le due dita della mano destra, lunghe e distaccate indicano la doppia natura, umana e divina, del Figlio, e, nello stesso tempo, formano, con il pollice che resta nascosto, un riferimento alla comunione trinitaria. La mano sinistra, invece, stringe il fazzoletto di lino bianco, che oltre ad essere un segno della regalità, di cui Cristo l’ha rivestita, indica il pianto di dolore versato per la passione del Figlio. Il pollice sinistro sollevato verso l’alto vuole indicare il gesto di chi sceglie la vita e non la morte: il peccatore può sempre sperare nella salvezza. Questi elementi insieme alla tunica rosso porpora, alla tonalità scura del mantello, al volto che lascia trasparire un velo di tristezza, portano il fedele che osserva l’icona a rivivere i sentimenti di Maria durante la passione del Figlio suo (cf. Lc 2,35). A rafforzare tale idea vi è, inoltre, il fatto che per diversi anni la festa del Quadro Divino è stata celebrata nel sabato antecedente la domenica di Passione, periodo in cui la chiesa latina, prima della riforma liturgica ricordava i sette dolori della Vergine.
Dalla lettura dei segni iconografici del Figlio si possono cogliere alcuni aspetti: lo stile di obbedienza (cf. Fil. 2,8), le gambe incrociate che indicano l’abbandono filiale all’amore del Padre, la mano sinistra che sorregge il libro della Parola, gli occhi protesi verso la Madre, la mano destra benedicente che ci riporta al testamento di amore che Gesù consegna dall’alto della croce (cf. Gv. 19, 26–27).
I privilegi del Tempio
Da un punto di vista storico, la Basilica Minore di Maria S.S. delle Grazie della Quercia di Visora riveste grande importanza nella tradizione religiosa del culto mariano.
Gli incredibili e miracolosi avvenimenti riconducibili alla Madonna di Visora, la devozione dei fedeli e il continuo accorrere al suo Tempio da ogni parte della Calabria e non solo, hanno spinto le autorità ecclesiastiche a concedere alla Chiesa di Visora numerosi benefici e privilegi.
Sisto V (1585-1590) fin da subito concesse particolari indulgenze ai pellegrini visitatori. Inoltre nel 1607 nel momento della consacrazione della chiesa e dell’altare il Vescovo fece pubblicare una apposita Bolla in cui si stabiliva che si concedevano 40 giorni di indulgenza a coloro che ogni anno, in quella data andassero a visitarlo.
Nel corso del settecento, poi, in occasione dei lavori di ampliamento, una vera e propria valanga di indulgenze fu concessa al Santuario.
Papa Pio VI (1775-1799), con apposito Breve pontificio, il 26 novembre 1778 concesse l’indulgenza plenaria a chi visitasse il Santuario di Visora in qualunque giorno dell’anno, ricevendo i sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia. Inoltre con un altro Breve, nella stessa data dichiarò privilegiato l’Altare maggiore del Santuario e concesse che ad ogni Messa celebrata un’anima di un fedele defunto restasse libera dalle pene del purgatorio. Con un Breve del 28 novembre dello stesso anno 1778, confermava le indulgenze di 200 giorni a chi recitasse nel tempio di Visora le litanie della Vergine. Tali indulgenze, come attesta il documento, erano state concesse anche da Sisto V (1585-1590) e confermate sia da Benedetto XIII (1724-1730) che da Clemente XIII (1758-1769).
Pio VI concesse che potessero essere applicate ai defunti. Con un altro Breve del 27 gennaio 1780 concesse le stesse indulgenze che si ottenevano visitando la Basilica di S. Pietro in Roma, a coloro che, la prima Domenica di ogni mese, avrebbero visitato i sette altari della Chiesa di Visora. Inoltre con Breve del 9 maggio 1780, Pio VI concesse l’indulgenza plenaria a chi, una volta l’anno (e cento giorni a chi una volta al giorno) avrebbe visitato le Cappelle dei misteri della passione poste fuori e intorno alla Chiesa di Visora.
L’Ufficio e la S. Messa propria della Vergine di Visora
Il decreto emesso dalla Sacra Congregazione dei Riti per l’approvazione della Messa propria nel rito doppio di prima classe con ottava per la Diocesi di Nicastro e l’Ufficio proprio della Vergine di Visora, porta la data del 12 aprile 1905. Fu concesso in seguito alle richieste del Vescovo di Nicastro mons. Giovanni Règine. Il rito doppio è una particolare forma nella recita dell’Ufficio divino un tempo in uso nella liturgia cattolica per una festività particolarmente solenne. Era così denominato perché in queste occasioni si ripetevano gli stessi vespri sia nella vigilia sia nella festa stessa e le antifone venivano ripetute per intero prima e dopo ogni salmo delle ore canoniche. Per feste di minore solennità si usava il rito semidoppio e il rito semplice. Il testo del decreto relativo al Santuario di Conflenti si trova nell’Archivio della Congregazione dei Santi. In esso c’è il riferimento alle numerose grazie che la Vergine Maria elargiva nel Santuario di Conflenti, molto frequentato dai fedeli, alle indulgenze ottenute dal papa Pio VI e alla incoronazione del Quadro Divino da parte del Capitolo Vaticano
Nell’Archivio della Congregazione dei Santi c’è il Rito con la S. Messa propria per l’ultima domenica di Agosto della “Beatae Mariae Virg. de Gratia (vulgo de Visora)” e l’Ufficio proprio, nel volume Propri Missarum XXIII, al numero 9. Il rito fu stampato dalla tipografia Bevilacqua, con l’imprimatur della Curia Vescovile di Nicastro del 7 febbraio 1906
Il Santuario degli Emigrati
Il 27 agosto 1961, il vescovo, Monsignor Moietta, proprio negli anni di maggiore emigrazione dei figli del meridione, sensibile al bisogno di questi di suggellare un più stretto legame con la loro Madre Divina, nel corso di una messa solenne consacrò, riprendendo l’apposito Decreto, Il tempio di Visora come “Santuario degli emigranti”.
Da allora ogni emigrante sa, che per lui, una lampada votiva arde sempre ai piedi della Madonna, e per questo è stata istituita, ogni seconda domenica di agosto, una festa a loro dedicata, con messa solenne, rinnovo dell’accensione della lampada dell’Emigrato e Processione del Quadro Divino per il paese. Al fedele che, in ogni luogo, recita quella preghiera di consacrazione sono concessi 100 giorni di indulgenza.
È doveroso, inoltre, ricordare che in occasione della visita pastorale del Santo Padre in Calabria del 9 ottobre 2011, la magnifica statua lignea della beata Vergine di Visora è stata posta sul palco accanto all’altare della celebrazione eucaristica. E al termine della cerimonia, il Papa Le ha reso onore benedicendo un ramoscello d’oro, realizzato dall’orafo Gerardo Sacco che poi è stato posto nella mano del Bambino che la Vergine porta in braccio
L’elevazione del Santuario alla dignità di Basilica Minore
Per concludere degnamente la lunga serie di privilegi del Santuario, nell’ottobre del 2018, il Tempio di Visora è stato definitivamente elevato a Basilica Minore Pontificia.
Mons. Luigi Antonio Cantafora, vescovo della diocesi di Lamezia Ter¬me dal 24 gennaio 2004, venuto a conoscenza dei numerosi documenti storici sul Santuario scoperti nei vari archivi ecclesiastici, nel mese di di¬cembre 2017 aveva presentato presso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, tutta la documentazione necessaria perché venisse concesso al Santuario della B. V. Maria delle Grazie in Conflenti il titolo di Basilica Minore.
Esaminato il corposo dossier in data 31 maggio 2018 con decreto ufficiale della Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il Santuario è stato elevato alla dignità di Basilica Minore.
Domenica 21 ottobre 2018 è stato proclamato tale decreto nel corso di una solenne celebrazione eucaristica presieduta nel Santuario dal cardina¬le Robert Sarah e partecipata da numerose autorità civili e religiose, tra cui il Sindaco e il Rettore del Santuario, e dal popolo di Dio convenuto dalla Diocesi di Lamezia Terme e da diversi paesi della Calabria.
Il patrimonio artistico della Basilica
Maestosa ed elegante la Basilica della Madonna della Quercia di Visora è indubbiamente il simbolo e l’orgoglio di Conflenti.
L’imponente costruzione, edificata nella parte alta dell’abitato, sulla via principale, nel corso dei secoli ha cambiato notevolmente il suo aspetto, e oggi presenta una pianta a tre navate con un prospetto tardo-ottocentesco. Sulla facciata principale, decorata con alte lesene scanalate, sono presenti tre portali rettangolari in pietra.
I due laterali sono sovrastati da nicchie vuote, quello centrale da una monofora rettangolare. In alto corre una cornice aggettante dentellata.
Molto bello e interessante il porticato della parte posteriore, che retto da colonne ioniche con una balconata soprastante, valorizza tutta la piazza e lega il tempio al centro abitato.
Sul lato sud c’è anche la torre campanaria che si eleva su quattro livelli, sull’ultimo dei quali, coperto da una cupola abbellita da stupende maioliche, c’è un orologio.
L’interno, ampio e luminoso, a cui si accede attraverso un’antiporta in legno e vetro decorato, si compone, come abbiamo detto, di tre navate, ripartite da pilastri a base rettangolare che sostengono archi a tutto sesto, con transetto e terminali absidati. Le navate laterali presentano ad ogni campata, una cupola ribassata decorata a stucchi e concludono con una cappella finale.
Particolare è la parte del presbiterio costituito da volta a botte decorata a finti lacunari che poggia su colonnati laterali che si aprono nel transetto. Nel presbiterio sopra il monumentale altare maggiore in marmi policromi, opera del valente marmista Cav. E. Tomagnini da Carrara, è custodita in una grande nicchia la statua della Madonna della Quercia con Bambino. Questa è sormontata dal “Quadro Divino” che è incastonato in una cornice marmorea piuttosto lavorata. Ai lati dell’altare ci sono due angeli affrescati, opera del pittore Grillo.
La resa plastica degli elementi architettonici e la presenza della statua della Madonna e del Quadro Divino qualificano questo apparato scenico, completato e arricchito dai dipinti del primo novecento, sulla parete di fondo, raffiguranti l’Annunciazione e I Due Angeli in Volo.
La statua lignea in legno policromo della Vergine Maria, regalata dal cappellano Don Francesco Stranges in occasione del bicentenario della fondazione, che si ispira alla statuetta in marmo di carrara risalente al secolo XVII e conservata in sagrestia è diventata col tempo l’icona ufficiale della Vergine di Visora.
Secondo il prof. Villella, dovrebbe essere opera di un artista anonimo appartenente alla scuola napoletana dello scultore Giacomo Colombo, e anche se lo studioso esclude che sia opera dello stesso scultore, essa è sicuramente una delle sculture più belle prodotte da quella celebre scuola.
La navata centrale è scandita da lesene con capitello corinzio che sostengono una trabeazione aggettante riccamente decorata che ripercorre tutto il perimetro.
La decorazione degli interni è opera dei fratelli Franchini di Milano, e i bozzetti degli stucchi con le due pale dell’Altare Maggiore del pittore Cassioli di Firenze.
Al di sopra di essa decorazioni a stucco e dipinti di angeli preparano alla vista, il bellissimo soffitto piano arricchito da tre grandi quadri del pittore Carmelo Zimatore e di suo nipote Diego Grillo da Pizzo Calabro: l’Apparizione della Madonna, il Martirio di Sant’Andrea e la Predicazione di San Giovarmi Battista.
L’occhio va subito all’Apparizione della Madonna della Quercia di Visora, di dimensioni molto più grandi rispetto agli altri due, si colloca centralmente e si sviluppa in tre registri. In basso le anime dei dannati in un groviglio di compiere figure alate, ammassati nel fuoco, verso le quali si sviluppa un angelo nell’atto di suonare un corno.
Questa figura funge quasi da raccordo tra i due registri, creando una sorta di movimento circolare dell’immagine della regina verso le creature infernali.
A sinistra, invece, in posizione simmetrica rispetto all’angelo, troviamo Sant’Andrea, raffigurato nel momento della crocefissione, e San Nicola di Bari. E due sono i Santi Protettori, rispettivamente, di Conflenti Inferiore e Conflenti Superiore.
Al centro dell’affresco, campeggia l’immagine della Vergine che sorregge il Bambino con in mano un ramoscello di Quercia. Nel registro superiore, tra le nubi angeli giubilari, suonano.
Ne “il Martirio di Sant’Andrea”, presente sempre sul soffitto, l’apostolo, avvolto ini panno rosso, con la “sua” croce caratteristica, è pronto per il martirio. Un angelo possiede la corona di gloria che verrà messo sul suo capo, simbolo della testimonianza della fede di Cristo. Sul lato sinistro, poi, coloro che hanno decretato la sua crocifissione, indifferenti ed elegantemente vestiti, assistono alla sua morte. La presenza dell’affresco dedicato all’apostolo fratello di Pietro, deriva dal fatto che la Basilica ricadeva e ricade tuttora, nella parrocchia di Sant’Andrea.
Anche “La predicazione del Battista” sul lato opposto risulta essere legata alla storia della nostra basilica. La terza apparizione della Madonna, infatti, la prima nel luogo di Visora, avvenne la sera del 24 giugno 1578. In quella data la Vergine apparve a un uomo storpio di un piede e cieco di un occhio.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra S. Giovanni Battista, l’uomo, tra l’altro di nome Giovanni, fu miracolato.
Sulla cantoria i dipinti di Santa Cecilia e del Profeta David sono lavori di Diego Grillo. Nella navata destra sono conservate le tele di S.Tommaso d’Aquino e di S.Gregorio Magno. L’altare di fondo è decorato con la Crocifissione, attribuibile al Cassioli di Firenze.
Nella navata sinistra solo le tele di S.Marco e di S.Giovanni Battista, (datata 1817), maldestramente restaurate e un San Ferdinando ,opera di recente fattura che ricalca antichi stilemi.. Nelle esedre del presbiterio sono presenti i dipinti della “Fuga in Egitto”, “Sacra Famiglia”, “il lavoro nei campi” e “gli emigranti”, opere degli anni ’70 di Padre Stefano Macario di Napoli.
Su tutti i grandi finestroni per espressa volontà del compianto vescovo Mons. Palatucci sono stati applicate vetrate istoriate della famosa ditta “La Diana” di Siena. Cinque sono sul presbiterio: quattro con simboli eucaristici e uno col monogramma del nome della Madonna. Le otto vetrate della navata centrale hanno per soggetto gli episodi più importanti della vita della Madonna: Annunciazione, visita a S. Elisabetta, nascita di Gesù, presentazione di Gesù al Tempio, nozze di Cana, la Madonna del Calvario, Discesa dello Spirito Santo su Maria, Assunzione.
La profezia di San Francesco di Paola su Visora
Una tradizione popolare descritta nel libro delle Sacre Memorie di Carlo Montoro e tramandata oralmente dal secolo XVII, narra che san Francesco di Paola (1416-1507), passando un giorno da Conflenti, si sia fermato in preghiera ai piedi della Quercia di Visora, presso l’omonimo crocevia, e abbia predetto, in anticipo di un secolo, la costruzione in quel luogo di un tempio dedicato alla Vergine Maria che sarebbe col tempo diventato molto importante.
Come segno esteriore della profezia avrebbe fatto impiantare il calvario successivamente indicato come “le Croci di Visora”, che è tutt’oggi visibile salendo da Santa Maria verso la fontanella delle “Destre”.
Ecco cosa afferma il testo delle Sacre Memorie: “È costante universale tradizione tra quei cittadini, che passando un dì per Visora il grande Eroe della Cattolica Chiesa S. Francesco, e colà pervenuto fermossi alquanto, e dopo aver con occhio cupido e fisso attentamente mirato un albero di Quercia, che ivi sorgea, quasi in estasi rapito, si rimase per alcuno spazio in orazione profonda: riscosso finalmente da quel dolce, spiritual contento, tutto fuoco nel volto, e di soave ardor ripieno, rivolto ai pii devoti che in folto stuolo teneagli riverente compagnia, cominciò ad esortar tutti, che un Calvario, cioè tre Croci in quel luogo impiantassero ove il peregrin divoto, dal viaggio solea ivi prender agiato riposo, potesse divin mistero di nostra Redenzione adorar………Indi da profetico spirito mosso, loro in chiare note predisse: che un tempo verrebbe, che in onor di Dio e della sua gran Vergine Madre Maria un Tempio sarebbesi in quel luogo eretto…..”
Anche se tale tradizione orale, inserita nel manoscritto anonimo delle Sacre Memorie, non trova riscontro nelle più importanti pubblicazioni riguardanti la vita del santo che non riportano notizie in merito, il passaggio del grande santo calabrese dal crocevia di Visora è molto probabile.
La strada che saliva da Martirano era, infatti, l’unica che avrebbe potuto percorrere un qualsiasi viandante proveniente dalla litoranea tirrenica o dall’antica via Popilia per andare presso l’illustre monastero Cistercense di Santa Maria del Corazzo, in cui fu abate Gioacchino da Fiore nel XII secolo.
E anche la presenza così forte e radicata del Santo di Paola nella nostra comunità ci induce a pensare la stessa cosa.
Del resto, a riprova che tale tradizionale memoria era ben radicata nella popolazione, basta considerare che nello stemma settecentesco dell’università di Conflenti Sottani, erano rappresentati in orazione ai piedi della quercia sia S. Andrea Apostolo che San Francesco di Paola.
Inoltre, dallo “Stato delle Università di Conflenti Soprani e Sottani”, approvato il 20 Aprile 1742 e relativo alla gestione municipale, si rileva che, oltre alla festa dei rispettivi Santi Patroni (San Nicola e Sant’Andrea), entrambi i Casali di Conflenti celebravano quella di S. Francesco di Paola.
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